Calcio
Le ambizioni del City, la crisi dello United
La squadra di Guardiola inizia vincendo, quella di Ten Hag perdendo
Pubblicato il 17.08.2022 07:00
di Angelo Lungo
Manchester è una delle capitali del calcio inglese. Una città, due squadre, una storia che raccontava solo dello United, il City relegato a mera comparsa. Poi all'improvviso tutto è cambiato.
Nel settembre del 2008 arriva, sponda City, dagli Emirati, l'Abu Dhabi Group. Investimenti annuali e un diluvio di denaro. Nessun risparmio: ingaggiati i migliori talenti e grandi allenatori. L'albo d'oro recita: sei Premier; due FA Cup; sei Coppe di Lega; tre Community Shield. Manca il “supremo” trofeo: la Coppa dalle grandi orecchie. Trasformare una formazione di basso livello in una superpotenza ha avuto un costo: gli arabi hanno versato nelle casse del club oltre 1,54 miliardi di euro, più altre cifre immesse nella voce ricavi. Il fatturato, negli ultimi dieci anni, è cresciuto del 556%, quello del 2020/21 ammonta a 641 milioni, mentre le spese hanno toccato quota 700 milioni.
Un autentico strapotere economico, su cui Uefa e Premier controllano ma senza disturbare. Sul piano tecnico parla il campo: il City gioca un gran calcio, diverte. Paga lautamente il suo tecnico. Ha un progetto, seppure oneroso.
Lo United, invece, è precipitato. Uno sprofondo finanziario e di risultati. Dopo l'abbandono di Ferguson, avvenuto nel 2013, ecco la spirale di una crisi continua. Sulla panchina si sono succeduti: Moyes; Van Gaal; Mourinho; Giggs; Carrick; Solskjaer; Rangnick; ora Ten Hag. I proprietari americani hanno messo a disposizione ingenti risorse. Un via vai di giocatori acquistati a peso d'oro e poi svenduti. Ogni anno una rivoluzione, ma la competitività è scomparsa. Un declino lento e inesorabile. La stagione è cominciata in maniera disastrosa: due sconfitte nette e ambizioni declinate al ribasso. L'olandese Ten Hag è chiamato a fare un'impresa: formare una squadra, darle un'anima, costruire un'identità. Avrebbe bisogno di tempo. Ma il calcio moderno corre veloce. Vincere significa attrarre sponsor e consente di aumentare in modo esponenziale i ricavi. Ma le avversarie sono agguerrite. Il club sembra fondare il suo progetto sul mercato: è un compratore compulsivo, è ancora alla ricerca di rinforzi.
E poi ci sarebbe il “caso” Ronaldo: il portoghese è inquieto, lui si sente un vincente e vuole lasciare, ma è prigioniero di un contratto milionario.