CALCIO
Elogio dell'anticipo
Ci si divide ancora tra calcio femminile e maschile: ma ha davvero un senso?
Pubblicato il 18.08.2022 08:30
di Giorgio Genetelli
Ma sì, dai, dividiamoci anche su questo, il calcio femminile e quello maschile. Premetto – ormai sono un tizio più di premesse che di promesse – che il calcio femminile non mi appassiona, seppure con tutti i suoi diritti e le sue peculiarità. Ma che tra queste peculiarità ci sia anche che “le donne sanno valutare meglio le probabilità di riuscire a impossessarsi della palla e cercano di giocare di anticipo anche per evitare duelli diretti che sono pertanto ridotti al minimo” lascia un tantino perplessi, anche se può perfino essere vero, ma non è obbligatorio crederci.
Lo ha detto Martina Moser, attuale team manager dello Zurigo maschile ed ex-nazionale rossocrociata, tutto d’un fiato e senza virgole, forse per giocare d’anticipo. Perché si sa, le virgole rallentano, i punti e virgola azzoppano e i punti bloccano (gli esclamativi vociano, gli interrogativi stendono al simposio platonico).
Tutto questo panegirico per confermare quanto la Suva e l’Asf, di concerto, sanciscono: a giocare più duro sono le squadre di Prima e Seconda Lega, maschiacci semidilettanti che non sanno calcolare bene le distanze e le conseguenze degli impatti, con relativo aumento di infortuni e quindi, eccoci qua, di costi.
Facciamo però che i maschi che giocano a calcio sono dieci volte di più delle donne, ma bon, questo è un retaggio patriarcale che parte dalla guerra vera a quella simulata. Ma contrapporre continuamente le due metà del mondo un po’ stanca, no?
Gli è che il calcio è fatto così, non ci sono regolamenti che possano limitare a zero i contatti. A meno che, a furia di norme di sicurezza, la si faccia fuori alla playstation per sempre, per arrivare a un’applicazione globale e virtuale di tutto quanto preveda uno scontro, voluto o fortuito. Poi magari aumenteranno i casi di epicondilite e uno studio ci dirà che le donne ne soffrono meno dei maschi e allora avanti con i casi, le tendenze, le regolamentazioni e il sonomegliodité come genere e come capacità di anticipo.
Lo so che non va bene dirlo, ma a me il calcio a distanza come se avessimo paura di contagiarci con i contatti non mi garba, con buona pace della Suva, dell’Asf, degli arbitri, del Var, delle donne e di tutti quelli che pensano di sterilizzare l’esistenza con l’idea nobile di contenere la nostra brutalità belluina, ma soprattutto i costi sanitari che ne derivano.
Ora guardo la replica di un Boca – River del 1978, quando se le davano in modo glorioso. Vamos.