La straordinaria impresa del Vaduz di Ale Mangiarratti avrà
fatto venire uno stranguglione a Lugano. Una qualificazione ai gironi di
Conference League che è nata dai meandri della motivazione, mentre in casa
bianconera la doppia sfida all’Hapoel Beer-Sheva è stata presa sottogamba. Il
Vaduz passa alla cassa, ritira soldini e credibilità e si appresta a farsi
vedere da tutti; il Lugano no.
L’algida dirigenza bianconera, che sembra tutto un
calcolare, rimandare, progettare, ha mancato una splendida occasione per dare
visibilità al club e anche alla stessa proprietà americana; l’allenatore Mattia
Croci Torti è sembrato risentire di questa poca ambizione europea e i giocatori
hanno agito di conseguenza. La partita di andata è stata completamente
sbagliata sul piano della determinazione, quella di ritorno è stata amputata
dai tolleratissimi forfeit dei mammasantissima dello spogliatoio. Eppure quelli
che hanno avuto il coraggio e la professionalità di andare in Israele hanno
giocato bene, aumentando, ora, i rimpianti per quello che non è stato.
Beer-Sheva, tra l’altro, anch’esso qualificato ai gironi.
A cosa vale dunque ribadire per mesi – succederà ancora da
gennaio in avanti – che qualificarsi nelle prime tre in campionato è un
obiettivo importante, se poi al momento di confermare l’eventuale traguardo si
prendono mille scuse e si va fuori con pochissima gloria al primo turno?
Del resto a Lugano dicono cose che sembrano non immaginare
un presente – pubblico, stadio, accoglienza, risultati e altre parole inglesi
molto affascinanti – ma solo un davanti, anche piuttosto vago e un po’
irrispettoso nei confronti dei tifosi bianconeri.
La sostanza è che il presente parla di un Vaduz che dalla
Challenge League approda in Europa e di un Lugano che dalla Coppa Svizzera
approda a casa.