le impressioni di Marco Bellinazzo
Il pallone sgonfiato
Il calcio italiano tra riforme mancate e nuove sfide da affrontare
Pubblicato il 12.02.2021 11:01
di Angelo Lungo
Marco Bellinazzo è un’autorevole firma del prestigioso quotidiano economico Il Sole 24 Ore. È uno dei massimi competenti, in Italia, di temi riguardanti l’economia sportiva, e del business che ruota intorno al mondo del calcio. 
Qualche anno fa scrisse che il calcio italiano era finito, è della stessa opinione?
“Sì, confermo questa mia affermazione, fatta dopo la mancata qualificazione ai Mondiali del 2018. Il declino continua ed è inarrestabile. I difetti non sono stati corretti. Il modello era entrato in crisi e non è stato costruito uno nuovo e alternativo. La Serie A non riesce a tenere il passo di altri campionati”.
Quali sono i problemi strutturali?
“Manca una visione d’insieme basata sull’interesse generale quando si parla di economia e finanza, la contrapposizione sportiva, quella sul campo, è esasperata. Gli impianti sono vecchi e inadeguati, con lo sfruttamento dello stadio la Serie A incassa in totale 300 milioni, ci sono squadre europee che da sole arrivano a guadagnare 80 milioni l’anno. È stato trascurato per anni il mercato asiatico”.
Molte società sono confrontate con importanti difficoltà finanziarie.
“Tante società hanno vissuto con uno squilibrio economico, le perdite erano colmate dai proprietari. La forza espansiva non c’è più, il mecenate è scomparso e sono arrivati gli stranieri. Fare profitti è impossibile, troppi ritardi e nessuna riforma”. 
Dovrebbe intervenire lo Stato?
“Non c’è bisogno e l’opinione pubblica non capirebbe. Lo Stato deve snellire il suo iter burocratico, togliere le restrizioni e consentire di costruire, in tempi brevi, nuovi stadi. A Roma il progetto è partito nel 2014 e nel 2021 il cantiere non è stato ancora aperto”.
La situazione dell’Inter sembra molto complicata
“Suning ha operato importanti investimenti, circa 650 milioni. Ha cercato di colmare il gap con la Juve, rilanciando il brand specie in Asia. Ma i costi superano ampiamente i ricavi, la pandemia li ha colpiti duramente, era una società che incassava molto dal botteghino. Inoltre, in Cina la strategia è cambiata, Suning segue le direttive governative, hanno fermato gli investimenti. Si devono autofinanziare. Cercano liquidità nell’immediato per 150 milioni. Vorrebbero un partner, un Fondo ha presentato una proposta d’acquisto, ma le parti sono distanti sulla valutazione”.
Perché i fondi di investimento sono interessati al calcio?
“Fino alla pandemia l’industria calcio era in crescita costante, una buona gestione porta a utili. Le squadre italiane sono prede ideali, costano poco e hanno ancora un blasone. Hanno soldi a disposizione e fiutano l’affare. Comprano per rivendere e realizzare un profitto”.
Chi sono i veri padroni del calcio?
“Il calcio è uno straordinario strumento di propaganda un “soft power”, serve per accreditarsi a livello internazionale, consente di legittimarsi in maniera veloce. Ha cominciato Abramovic con il Chelsea, poi ha suscitato l’interesse di grandi aree geografiche e di Stati, si veda il Qatar con il PSG. L’assegnazione dei Mondiali non è sfuggita a questa tendenza. Gli stessi Stati Uniti si muovono in questa direzione proprio con i Fondi. È una politica egemonica sullo sport visto come business”.
Come se la passano gli altri Campionati?
“Premier League e Bundesliga non hanno grossi problemi. I tedeschi hanno gestioni oculate. Gli inglesi hanno ricchezze enormi accumulate grazie ai diritti televisivi. Nella Liga le difficoltà di Barca e Real sono momentanee, legate alla ristrutturazioni degli impianti e a ingaggi troppo elevati che dovranno essere sensibilmente diminuiti, ma hanno fatturati rassicuranti, che ammontano a 700-800 milioni di euro”. 
Che fine ha fatto il Fair play finanziario?
“L’UEFA lo ha sospeso temporaneamente. È stato uno strumento che ha consentito di diminuire le perdite, ma ha contribuito ad aumentare lo strapotere di una decina di club. Dovrebbe essere rivisto”.
L’impatto del Covid?
“Devastante, la crisi globale è innegabile. La crescita che pareva inarrestabile ha subito uno stop, stadi chiuse, aziende che mettono in discussione sponsorizzazioni milionarie. Dovrebbe esserci una risposta comune e una riduzione degli ingaggi. Prevedo che serviranno due o tre anni per superare questo momento”. 
Cosa pensa della creazione di una Superlega europea?
“Tema interessante, va nella direzione del modello americano. Ma temo che penalizzerebbe i campionati nazionali. Favorirebbe solo alcuni club, le piccole società rischiano di scomparire. Lo sviluppo deve essere democratico e popolare, salvaguardare tutte le realtà, specie quelle legate al territorio e che hanno un’identità. Alla fine potrebbe essere controproducente trascurare questo aspetto. In fondo il calcio ha una funzione sociale”. 
Chi vincerà il Campionato?
“Sarà una lotta tra Juve e Inter. La grande sorpresa è il Milan”.
Il giocatore che la diverte di più?
“Dico Ilicic, giocatore fantasioso e geniale”. 
La squadra che gioca il miglior calcio?
“L’Atalanta, la più europea delle squadre italiane, non mi piace il gioco sparagnino. Non mi dispiace il Verona. Rimpiango il Napoli di Sarri”.