In tutti gli sport, soprattutto in quelli di squadra, la figura
chiave è quella dell'allenatore. Questa figura è la più cercata a livello
mediatico: in conferenza stampa i giocatori ruotano, ma il mister c'è sempre.
Un'ovvietà: tuttavia, è un dato di fatto che è lui quello che decide chi gioca,
quali tattiche usare, chi sostituire nel corso delle partite. Il coach,
insomma, è il cuore del gruppo e, secondo una vulgata ormai consolidata, da lui
dipendono i risultati. Ma è davvero così?
C'è un proverbio, nel mondo dello sport: la vittoria ha molti
padri, a differenza della sconfitta. Quando si vince, infatti, i meriti si
dividono un po' fra tutti; quando si perde, in genere, è il tecnico a pagare il
conto. Del resto, basta guardare le polemiche oltreconfine che stanno agitando
le acque alla Continassa e ad Appiano Gentile. Ma qualcuno, il giorno dopo
Milan-Napoli, ha voluto ricordare come le sostituzione di Simon Kjaer e Davide
Calabria (sostituito probabilmente anche per un fastidio muscolare), entrambi ammoniti nella prima frazione, da parte di Stefano Pioli,
siano state forse azzardate, visto che è stato inserito Sergino Dest, al
debutto. Il caso ha poi voluto che sia stato proprio il giocatore proveniente
dal Barcellona a commettere il fallo (piuttosto ingenuo, in effetti) su Khvicha
Kvaratskhelia, per il quale è stato concesso il rigore che ha poi spianato la
strada ai partenopei per espugnare San Siro. Il tutto per la serie "Non si
può mai stare tranquilli, su una panchina". Ndr: i due terzini del Milan,
nel primo tempo, si sono fatti entrambi ammonire per falli sul georgiano del
Napoli, che li aveva saltati di netto in un paio di duelli individuali.
Ma veramente è sempre colpa dell'allenatore? Intendiamoci: il
ruolo è delicatissimo. In tutti gli sport di squadra, è questa figura il fulcro
dello spogliatoio: le decisioni di campo, del resto, spettano a lui. Il tecnico
decide, con lo staff, i sistemi di allenamento, parla con i giocatori, in
gruppo e singolarmente. Molto del clima dipende da lui: le sue decisioni, il
suo carattere incideranno sul ruolo dei leader, del capitano e non solo. Un
coach carismatico lascerà poco spazio a queste figure, per esempio. Altri,
magari, in pubblico manterranno un profilo basso, provando poi a manipolare
qualche elemento di punta dello spogliatoio o, al contrario, si faranno manipolare.
La storia dello sport è piena di figure che rispecchiano tutti i caratteri: non
sempre i despoti hanno vinto, per dire. Alla fine, come in tutte le cose umane,
i vincenti erano quelli che sapevano creare le giuste alchimie all'interno
delle rispettive squadre. Però, è un dato di fatto che, ovunque, soprattutto
nei momenti di difficoltà, si guarda a lui alla ricerca di soluzioni. E chi non
le trova, inevitabilmente, deve cambiare aria.
In realtà, pur essendo vero che l'allenatore fa tantissimo, difficilmente
spettano a lui le scelte strategiche. Puntare sui giovani o sui giocatori
esperti, per esempio; creare la squadra per vincere subito, o un progetto a
medio termine con giovani da far crescere. In definitiva, le scelte di budget.
Vero che i soldi possono essere spesi bene o male; tuttavia, al di là della
narrazione prevalente, difficilmente il tecnico può imporre un nome. Quasi
sempre suggerisce caratteristiche: spesso, a queste ultime corrisponde
un'identità precisa magari, ma tante dirigenze fingono di non capire. Di
sicuro, sarà poi l'allenatore a dover plasmare il materiale a lui messo a
disposizione, del quale difficilmente si lamenterà in pubblico e con i
cronisti, che pure cercheranno in tutti i modi di farlo confessare. Si parlerà
allora, quasi per vendetta, di allenatore aziendalista. Che poi, detto
tra noi, non c'è niente di male (siamo lavoratori dipendenti da decenni, del
resto). Tuttavia, da cronisti sportivi, ci piacerebbe ricevere sempre
dichiarazioni forti, si sa: ma è un gioco delle parti, delle quali tutti si è
consapevoli, si capisce.
Però, a pagare in prima persona è sempre l'allenatore. Non sono
solo gli addetti ai lavori a bersagliarlo, ma soprattutto i tifosi. Ecco, noi
invece crediamo che, a volte, bisognerebbe essere meno indulgenti con la
dirigenza. Spetta a quest'ultima decidere le strategie, è lei a scegliere chi
far arrivare in squadra, a trovare le alchimie giuste tra i desideri del mister
e i vincoli imposti dalla proprietà. Che non sia facile, è fuori di dubbio; ma che
alla fine una gran parte dei risultati derivi da questo, è un dato di fatto
incontrovertibile, del quale ci si dimentica troppo spesso. Nel calcio, le
volte nel quale a mettere la testa sul ceppo sia stato il direttore sportivo al
posto dell'allenatore le contiamo sulle dita di una mano: un esempio è Mats
Gren, uomo forte del Göteborg (e, ai tempi, vero barometro del calciomercato in
Svezia), molto conosciuto anche alle nostre latitudini per aver giocato diversi
anni nel Grasshoppers, che si assunse la responsabilità del fallimento sportivo dei Kamraterna,
alcuni anni fa. Il ruolo della proprietà è molto più sfumato: ce la si
prende, magari, con i cinesi proprietari dell'Inter, ma non leggerete mai di
nessun tifoso che addossa alla famiglia Agnelli delle responsabilità per i
risultati non proprio esaltanti della Vecchia Signora, in questo inizio
di stagione.
In definitiva, in tutti gli sport, forse bisognerebbe, a volte,
analizzare meglio (e responsabilizzare) anche certi ruoli che, a volte, si
preferisce ignorare, anche da parte dei tifosi, e non solo degli addetti ai
lavori. A fare eccezione, la Formula 1: lì a essere bersaglio dei tifosi
ferraristi è soprattutto Mattia Binotto, Team Principal, che vuol dire
veramente tutto, e non solo quello che decide di cambiare le gomme al
trentasettesimo giro. Non ce la si può prendere con la proprietà, perché i
budget, nelle gare automobilistiche a questo livello, sono quasi illimitati: in
palio c'è qualcosa di talmente importante che essere citati sui giornali al
lunedì mattina, come diceva Henry Ford, è davvero fondamentale, più di tutto il
resto. E lì, c'è da dirlo, ci si arrabbia con la persona giusta: insomma,
fossimo nel Crus, andremmo sempre in giro con in tasca la pagina delle lettere
al direttore di qualche settimanale specializzato di sport motoristici. Così,
per leggerselo nei momenti di pausa, mica per farlo vedere a noi in conferenza
stampa, si capisce.