Una brutta domenica non deve
naturalmente suonare come un campanello d’allarme, però il pubblico è rimasto
molto deluso della prestazione della squadra. Una domenica da dimenticare anche
per le stroncature nero su bianco che sono state portate dentro lo stadio su
fogli al vento, e su uno striscione che è stato per fortuna prontamente
rimosso. Anche perché certe scritte non erano di certo stimolanti da vedere, e
tantomeno da leggere, per i giocatori di casa che stavano salutando, davanti al
pubblico degli spalti, avversari e terna arbitrale. Cartelloni e manifesti che
sono anche irrispettosi ed offensivi nei riguardi di chi, staccando la licenza
SFL, ha riportato il Bellinzona in Challenge League. Come è possibile che
questo materiale sia stato portato all’interno dello stadio, quando gli stessi
“addetti alla sicurezza” si premurano di controllare un borsello contenente un bloc-notes
e il telefonino di una persona che sta per accedere alla tribuna? Tornando alla
disaffezione del pubblico, che la squadra fresca di promozione non si merita
affatto, bisognerebbe prima di tutto informarsi su cosa è stato fatto di buono,
partendo dal post fallimento, ovvero da coloro che hanno fatto rinascere l’ACB fino
ad arrivare a chi l’ha reinserita nell’élite del calcio svizzero. Diserta lo
stadio perché era abituata al calcio spettacolo di Paulo Cesar e Mario Sergio e
ai gol di Kubi Turkylmaz e Philippe Fargeon? O perché ha magari nostalgia, a 40
anni di distanza (!), della squadra tutta fatta in casa che Milovan Beljin
aveva riportato, imbattuta, nella massima divisione? Signori, siamo nel 2022! Come
ben sappiamo la piazza è particolare e anche molto esigente, poco propensa inoltre
ad accettare qualsiasi sterzata innovativa (qualcuno si ricorderà della
reazione isterica quando si era tentato di cambiare colore alla casacca
granata…).
Su una vecchia rivista, “Illustrazione ticinese” del 1962
(sessant’anni esatti fa!), leggiamo: “Il Bellinzona l’ossatura più importante della
squadra ha sempre trovato modo di formarla con elementi di casa propria:
secondo noi il segreto di questa passione e profondo attaccamento ai colori
sociali sta tutto qui. In ogni sodalizio che si rispetti assume sempre maggiore
importanza il fatto di disporre di un numero elevato di giocatori indigeni”. Sarà
stato così ma i tempi sono cambiati in tutto e per tutti! La nota positiva è
che il tifo “vero” al Comunale non viene mai meno. È un po’ peccato che l’incessante
rullo di tamburi non permetta più di udire i generosi “Hop ACB” che partono dai
fedelissimi della tribuna e che sicuramente farebbero piacere agli attori in campo.
Si tratta comunque di un modo apprezzabile di sostenere la squadra del cuore, legato
a un passato che evidentemente non può tornare. Occorre avere un po’ di
pazienza, sia da una parte che dall’altra. Naturalmente per invogliare la gente
alle partite ci vogliono i risultati. Siamo convinti che arriveranno, meglio,
torneranno. Non sottovalutiamo il felice esordio in campionato (vittoria sul
Losanna e pareggio col Thun). A Neuchâtel (venerdì) e contro il Wil (la
settimana dopo) questi benedetti risultati non dovranno più essere un
miraggio.