ZONA BELLI
Guardarsi negli occhi e ripartire
La stagione dell’ACB è a un punto di non ritorno: bisogna ricucire lo strappo con la tifoseria
Pubblicato il 03.10.2022 16:11
di ALAN DEL DON
“Quello che sta fuori – a questo mondo ciascuno sta fuori rispetto agli altri – trova una cosa sempre peggiore o migliore di quello che ci sta dentro”, sosteneva lo scrittore tedesco Heinrich Böll, premio Nobel per la letteratura esattamente mezzo secolo fa. A Bellinzona devono averlo preso alla lettera. La fin qui altalenante stagione dell’ACB (dentro il campo) e quella che continua a far discutere (fuori dal rettangolo verde) sono arrivate ad un punto di non ritorno. La sconfitta rimediata domenica contro lo Sciaffusa (la quarta in nove partite, ma soprattutto la terza al Comunale dopo le disfatte contro Stade Losanna ed Aarau) ha lasciato degli strascichi pesanti come un macigno. I Bellinzona Boys hanno contestato la dirigenza per come sta gestendo il club con un lungo e duro comunicato e, soprattutto, con uno striscione appeso nella gradinata sud che non è di certo passato inosservato a chi di dovere.
Il repentino allontanamento di mister Sesa dopo soli cinque match era stato accolto dallo zoccolo duro della tifoseria con non pochi borbottii. Ma la causa comune – l’amore per una squadra che finora ha sempre dato tutto – aveva portato il popolo granata a soprassedere, almeno pubblicamente, fatta eccezione per il messaggio appeso sulla passerella del bagno pubblico prima della sfida contro lo Xamax. Ma il vaso, a quel periodo già praticamente colmo, ora è traboccato. A tal punto che i Boys hanno azzardato un inquietante paragone con l’esperienza targata Gabriele Giulini, ahinoi finita con il fallimento e la ripartenza dal calcio regionale. Nessuno vuole rivivere quell’inferno, in primis gli attuali vertici del club. La frattura però ora è evidente e, speriamo, non insanabile. Cosa fare per ricucire lo strappo?
La prima risposta è banale, ma spesso è la soluzione più efficace: sedersi tutto allo stesso tavolo, magari alla presenza anche di una delegazione del Municipio. Guardarsi dritti negli occhi. Tifosi, Pablo Bentancur ed autorità politiche. L’ACB è un patrimonio di tutti. E come tale va salvaguardato. Ognuno dica quello che deve dire, senza peli sulla lingua. Dev’essere un confronto franco, schietto, acceso. I tempi delle pacche sulle spalle e delle strette di mano (il più delle volte finte come la neve a Las Vegas) è finito. Questa è una partita che non deve vincere nessuno, perché il trionfo sarà tale solo se a sorridere saranno sia gli uni sia gli altri. Secondariamente, per calmare la piazza, bisogna scegliere una figura che possa svolgere il ruolo di mediatore fra il manager peruviano e i tifosi. Buttiamo lì tre nomi: Renzo Bionda, Manuel Rivera o Kubilay Türkyılmaz. Infine, terzo punto, occorre far compiere al club un ulteriore, decisivo, passo verso la professionalizzazione. La gestione della campagna abbonamenti e della prevendita dei biglietti per le partite, ad esempio, non è stata e non è esente da pecche.
Prima della pausa per i Mondiali ci sono ancora quattro partite casalinghe. Va ritrovato l’affetto del pubblico. Il Comunale deve tornare ad essere un catino pronto ad accendersi di passione ed inespugnabile per gli avversari. Poi, a fine novembre, si tireranno le (prime) somme. Non si getti alle ortiche una stagione che, sportivamente parlando, può ancora regalare tanto all’ACB. Nel prossimo mese e mezzo i granata devono però gettare le basi per un futuro roseo. Dentro e fuori dal campo. La squadra della capitale deve dimostrarsi tale. E per farlo ha bisogno come il pane del calore e dell’affetto della sua gente.