Diciamolo: parlare di calcio alla macchinetta del caffè, in
ufficio, diventa sempre più difficile. A volte ci troviamo a invidiare nostro
padre: maglie dalla 1 alla 11, il libero col 6, la marcatura a uomo. Niente
fantacalcio, nessuna necessità di essere informati a menadito sulla Premier o
sulla Liga spagnola. C'era il collega (magari quello che non fumava, e che
quindi si concedeva altri vizi) che al martedì comprava in edicola, prima di
venire al lavoro, il Guerin Sportivo, storica testata d'oltre confine
che metteva le foto a colori delle sfide di Serie A (si giocava
tutti rigorosamente alla domenica, a parte eventuali anticipi per le Coppe, ma
solo dai quarti di finale in su, perlomeno in Italia) e pubblicava risultati e
classifiche dei maggiori campionati europei. Per scoprire i colori delle maglie
delle avversarie dei primi turni delle competizioni europee, ci si affidava, in
alcuni casi, al catalogo del Subbuteo, che un altro collega con quella passione
teneva nel proprio cassetto.
Si scherza, ovviamente: non si può seriamente rimpiangere un tempo
dov'era più difficile informarsi, seppure in un campo tutto sommato futile come
quello dello sport. Certo, chi era giovane rimpiange i suoi anni verdi: ma
quella è un'altra faccenda. Un tema dibattuto, nelle pause mensa, in questi
ultimi anni, è quello della costruzione dal basso. Novità fondamentale? Ti fa
effettivamente vincere le partite? Il guru di questo modo di giocare, come
sappiamo, è Pep Guardiola: uno che qualcosa ha vinto, in effetti. Tempo fa,
sulla Bobo Tv, il canale tematico gestito dall'ex attaccante
azzurro Bobo Vieri, il tecnico del City ha provato a spiegare in poche parole
la sua filosofia di gioco: "Uscire bene da dietro è fondamentale.
In caso contrario, agli attaccanti arriveranno dei palloni più difficilmente
giocabili. Il processo di costruzione dal basso si fa proprio per loro, perché
ricevano buoni palloni, e possano fare il loro." Sembrerebbe
ininfluente, a questo punto, avere in squadra uno come Erling Braut
Håland, che butta dentro palle pulite, sporche o a pallini, e alla media di tre
a partita, in Premier League. Ed ecco che si arriva al punto forte per i
detrattori (che sono tanti): la necessità di poter disporre di interpreti di
qualità.
Uno alle nostre latitudini che l'ha bocciata senza appello è stato
Ancillo Canepa, presidente dello Zurigo il quale, tempo fa, sul Blick,
aveva tuonato: "Sono nel calcio da 50 anni, ho visto tante
innovazioni, ma questa mi sembra una della quale si poteva fare tranquillamente
a meno. Perlomeno, se non hai undici Messi in campo, naturalmente." Manco
a dirlo, non è il solo a pensarla così. Si è espresso di recente in merito
Claudio Ranieri, tecnico italiano vincitore di un titolo in Inghilterra con il
Leicester, come molti ricordano, intervistato da Ivan Zazzaroni, direttore del
Corriere dello Sport, quotidiano sportivo della vicina Penisola. Tra i vari
argomenti trattati, il Sor Claudio ha parlato anche di costruzione
dal basso, più che altro criticando l'ideologia di questa tattica di gioco che
molti vorrebbero per tutti.
"La costruzione dal basso? Io la odio. È
vero che se trovi tre, quattro passaggi fatti bene riesci ad annullare la
pressione alta degli avversari e, a quel punto, ti ritrovi con una voragine
nella loro difesa, visto dove hanno il baricentro. Ma quella precisione di
battuta non è nel patrimonio tecnico di chiunque: servono giocatori con
caratteristiche speciali per garantirla, e non tutti se li possono permettere.
Io, invece, ammiro il Liverpool di Klopp che cerca abitualmente la profondità,
e non sta lì a giocare in orizzontale facendo ottocento passaggi (...). Non
capisco poi chi palleggia a lungo, incassa un gol e, solo quando è sotto,
inizia a verticalizzare. Ma fatelo dall'inizio, dico io."
In breve: fare partire l’azione offensiva dalla propria linea di
difesa, consente a più giocatori di smarcarsi e giocare la sfera. L'aspetto
negativo è che si rischia di perderla in zone del campo pericolose, e con la
squadra avversaria con il baricentro alto, perché sei stato tu ad attirarli lì; e le conseguenze, a quel punto, possono essere pesanti.
Seppure con sentimenti opposti, molti ricordano l'errore di Radu in
Bologna-Inter dello scorso anno, per dire. E tanti pensano che uno dei motivi
per i quali Simone Inzaghi non rinunci a tenere in campo Samir Handanovič,
nonostante le tante critiche ricevute negli ultimi tempi, risieda proprio nella
capacità del portiere sloveno di saper far partire l'azione dei suoi nel
migliore dei modi.
I sostenitori di questa tattica, però, vanno oltre. Non è, secondo
loro, solo una questione di bel gioco: in realtà ci sarebbero anche i numeri
dalla parte di Pep. Tobia Brunello di Pokerstarnews è andato a vedersi
le statistiche delle palle perse sui rinvii lunghi da parte dei portieri,
scoprendo così che è maggiore rispetto a quelle perse iniziando l’azione dal
basso. Lo stesso autore sottolinea poi un altro aspetto: i tiri nello specchio
generati da un’azione partita da un rinvio lungo sarebbero circa un terzo di quelli
che, al contrario, derivano dalla costruzione dal basso. L'altro indiscusso
vantaggio è che questa tattica consente di creare la superiorità numerica e
controllare la partita attraverso l'insistito possesso del pallone. Nils
Liedholm, che ricordiamo con affetto per tanti motivi, già a suo tempo diceva
che "Il pallone deve sudare." Noi, che abbiamo
qualche capello grigio in testa, e che lo abbiamo visto in azione sulla
panchina del Milan, ci ricordiamo bene come insistesse sul possesso palla delle
sue squadre, soprattutto quando si trovavano avanti nel punteggio. Non era
costruzione dal basso, ma possesso palla, ci risponderanno i puristi. Però,
funzionava.
E quindi? C'è un argomento sul quale detrattori e sostenitori sono
d'accordo (e anche noi, si capisce): la qualità degli elementi in campo. Certo,
servono anche allenamenti mirati che portino la squadra a muoversi nel modo
giusto, in modo che tutti sappiano dove trovarsi e come muoversi per creare i
buchi nello schieramento avversario, trovando le linee per uscire dalla loro
pressione e puntare la porta. Però, alla base ci sono le qualità individuali.
Del resto, Pep Guardiola (sempre lui) era anche quello del falso
nueve: oggi, però, gioca con il più forte centravanti della
nuova generazione, e con numeri che potrebbero seriamente lanciarlo nell'Olimpo
dei più grandi di sempre. A dimostrazione, se mai ce ne fosse bisogno, che
diventa tutto più facile quando hai uno che vede la porta, una difesa arcigna e
un centrocampo di spessore, anche se poi giochi con un 4-4-2 scolastico. E che
(e questa è la buona notizia, per le nostre latitudini) che un fuoriclasse di
tale livello possa nascere anche in Paesi con pochi abitanti, e con una
tradizione calcistica non di primo livello. Insomma, i tempi sono maturi per
vedere, prima o poi, il fenomeno assoluto in maglia rossocrociata. Ma questa è
un'altra storia.