Spettacolo
Pennac ha visto Maradona
Il famoso scrittore fornisce la sua rappresentazione del fuoriclasse argentino
Pubblicato il 07.10.2022 08:09
di Angelo Lungo
Daniel Pennac è un grande scrittore francese. È un autore di successo mondiale, specie i suoi romanzi incentrati sulla “tribù dei Malaussène”. Il protagonista è Benjamin: di professione capro espiatorio. Ha una straordinaria capacità: compatisce. Svolge il suo lavoro, in maniera formidabile, prima in un grande magazzino, poi in un casa editrice. Il suo compito è chiaro: subire le contumelie e l'ira della clientela. Manifesta, di primo acchito, un'aria da sconfitto, è così contrito che il cliente desiste dai propositi bellicosi e polemici. Incede nel pianto, invita, anche, alla violenza e depotenzia, quasi naturalmente, lo scontro. Lo sminuisce e lo fa sconfinare nell'inutilità. Questa sua attitudine è lautamente pagata: poiché unica e preziosa. Deve mantenere una famiglia allargata a dismisura. Sua madre è una ribelle: è innamorata dell'amore. Rimane ineluttabilmente incinta e lascia crescere, sempre, a Benjamin i nascituri. Non è una famiglia classica, ma una comunità. E le vicende, all'apparenza strane, parlano della vita: ora triste e ora bella; ora felice e ora infelice. Litigate infinite risolte con una semplice e affettuosa parola di conforto. Ma sono tutti uniti: convinti che nessuno possa salvarsi da solo.
Letto il primo romanzo non si può fare a meno di continuare con gli altri.
Pennac ha sognato Maradona. El Pibe de Oro: un personaggio che fatalmente attraversa i tempi; un mito poiché destinato a essere raccontato in ogni epoca. E ne ha fatto un documentario dal titolo: “Daniel Pennac: ho visto Maradona”. Spiega: “Immaginate Maradona, un cubo di muscoli, ma cos'ha di poetico questo cubo di muscoli? Ma se prendi un pallone e lo lanci, il cubo diventa l'incarnazione della danza, dell'intelligenza fisica, l'abilità assoluta”. Un fuoriclasse che ha trasformato lo sport in poesia. Lo scrittore è stato colpito dal dolore provato da milioni di persone quando l'argentino morì e ha cercato di capire, lui che di calcio nulla conosceva. La storia è articolata e rimanda di un calciatore considerato un “oggetto di consumo”, un perfetto “capro espiatorio”. Adorato e detestato; nato poverissimo e diventato ricchissimo; amava i bambini e faceva uso di droghe; seguiva Fidel Castro e a Napoli aveva amici pericolosi. È un umano: ma unico e speciale. La scelta di una rappresentazione che verrà proposta anche in forma teatrale non è casuale: “Il teatro è il miracolo dell'incarnazione. Gli attori sono dei folli che si giocano la loro esistenza ogni sera, in un'esposizione assoluta di se stesso”. Maradona secondo Pennac, era un ragazzo che si esponeva del tutto sul campo. Dava un significato e un'esistenza al calcio stesso, ne rappresentava la sua poetica incarnazione.
E chi lo ha potuto ammirare, non può che confermare tale icastica intuizione. E intristirsi: cotanta genialità rimarrà, purtroppo, inarrivabile.