Come il Comandante Guevara, anche Maradona è ancora più
utile da morto che da vivo. A pochi giorni dal suo 62esimo compleanno (30
ottobre), le sue forme di stregoneria calcistica che già ipnotizzavano il mondo
mentre giocava, e anche quando parlava, sono sopravvissute in altra forma,
perfino più intensa, e ora stanno dando corpo all’incredibile Napoli di questi
primi mesi. Primo in campionato, dominante in Champions League, ma soprattutto
con l’esibizione di un gioco sublime che lascia a bocca aperta tutti quanti, da
Klopp a Di Domenico, da Guardiola a Bordoli (quest’ultimo però conserva quel
tanto di scetticismo verzaschese che gli impedisce slanci prematuri).
Spalletti ha rivelato che i suoi ragazzi, nell’imminenza
delle partite e dentro l’antro sacro dello spogliatoio, “cantano le canzoni di
Maradona”. Manifestando la nostra ignoranza su quali siano le composizioni del
Pibe, immaginiamo però quanto possa battere il corazon con Maradó Maradó e Oh
mamma mamma mamma sai perché.
In più, e questa è una certezza dell’influsso eterno,
Spalletti conferma l’inutilità dell’allenatore quando il Napoli si affida allo
spirito-guida. Del resto, con Diego in campo, nessun allenatore doveva, o
dovrà, inerpicarsi in tattiche: palla a lui e mondo in frantumi, di gioia o
disperazione.
Di questo passo, il Napoli vincerà lo scudetto e forse anche
la Champions, e se lo facesse cantando ecco che in un sol colpo si metterebbero
assieme due stili che fanno della città un modo di essere riconosciuto ovunque
ci sia vita. Ci voleva un Maradona morto e compianto ogni giorno per
raggiungere lo sciamanesimo del Che, due Comandanti uniti nella forza e nella
speranza in un mondo migliore.
Ora potete rinchiudere l’autore di questo delirio e
lasciarlo cantare per sus queridas presencias.