Premessa:
esiste il Regolamento del gioco del calcio, e le regole sono sempre
soggette a essere interpretate, implementato dal Protocollo Var.
Una
decisione arbitrale deve quindi tenere in considerazione questi due
aspetti.
L'introduzione
della tecnologia ha introdotto un cambiamento radicale, lo scopo
precipuo era quello di evitare errori marchiani.
Nell'ultima
giornata della Serie A, a Firenze, Dimarco, difensore dell'Inter, ha
commesso un evidente fallo che meritava l'espulsione, ma nessun
provvedimento è stato preso.
In
Champions si è giocata la partita Atletico Madrid-Bayer Leverkusen,
Turpin, arbitro di livello, ha fischiato la fine dell'incontro. Ma è
stato richiamato dal Var, che nell'ultima azione ha ravvisato un
fallo di mano molto dubbio. Appendice con il calcio di rigore.
Inciso:
tiro parato e a quel punto, a termine di regolamento, l'incontro
doveva concludersi, dopo c'è stata la traversa e ancora una
ribattuta.
Sempre
in Coppa dei Campioni a Londra dopo Tottenham-Eintracht, a seguito
di un gol annullato ai padroni di casa, nei minuti finali, Antonio
Conte ha criticato duramente il Var. Lo ha accusato di “inventarsi
situazioni”, ha parlato di “disonestà”, sostenendo che lo
strumento sia “dannoso”.
Il
Var è al centro di un dibattito che è sempre più divisivo, da un
punto di vista emotivo ha introdotto “la sospensione del tifo”,
dopo un gol bisogna rimanere in attesa.
Ma
la vera questione riguarda il Protocollo. E su questo che
bisognerebbe ragionare, affinandolo e rendendolo più chiaro
possibile.
E
si dovrebbe operare un capovolgimento concettuale. Leggendolo si ha
la sensazione che si intenda mantenere la discrezionalità
dell'arbitro in campo. Lo si vuole l'ultimo decisore. Il detentore
della parola definitiva. Spetta a lui il potere.
Perché
non può direttamente decidere la sala Var in merito a un episodio
dubbio?
Quali
sono le condizioni e l'ambiente che circonda il direttore di gara
quando osserva il monitor? Pressione dello stadio, pressione dei
giocatori.
Gli
arbitri nella sala Var sono al riparo da tensioni e sono tranquilli.
E non hanno nemmeno la stanchezza fisica. In questa maniera la
responsabilità sarebbe “allontanata” dal fischietto in campo.
La
sfida è lanciata, indietro non si torna e l'uso dello strumento va
migliorato.