Si
dovrebbe parlare della forza del Napoli, del ritorno dell'Inter,
della caduta del Milan. Ma il calcio italiano è incapace di
cambiare. Il peggio lo ricerca, lo insegue e lo manifesta. Lo scempio
è capitato a Milano. La città più europea della Penisola, quella
capace di correre attraverso i tempi, quella che non conosce crisi.
La capitale economica-finanziaria dell'ottava potenza mondiale.
I
fatti sono tristemente noti: si gioca Inter-Samp, all'improvviso la
Curva Nord, che conta la presenza di circa
ottomila spettatori, prima tace e poi si svuota. Omaggia un suo ex
capo ultras, che non poteva assistere alla partita della sua squadra,
appena ucciso davanti alla sua abitazione.
Grazie
ai social numerose testimonianze hanno chiarito quanto accaduto. I
“capi” del settore, robusti e decisi, poco inclini alle
discussioni, orgogliosi della loro forza, hanno inviato dei ragazzini
informando che si dovevano abbandonare gli spalti. I contrari sono
stati convinti con minacce.
Il
fatto è gravissimo e inquietante. La questione riguarda l'ordine
pubblico e una mentalità tipica di molti stadi.
Nella
Curva dell'Inter comandano gli ultras (50, 60 persone?), lo Stato non
esiste, il club deve sottomettersi. Ultras che, in base ai loro
codici e alle loro ferree regole, decidono che migliaia di persone
devono lasciare i loro posti.
Lo
stadio che diventa un territorio franco, dove la legge è sospesa,
dove una sparuta minoranza spadroneggia, detta comportamenti e riceve
protezioni. Non vogliono controlli. Furbescamente esibiscono con
orgoglio la purezza del tifo, sono i cultori dell'identità, sono i
difensori strenui dei colori. Si sentono fieri. E tutto questo gli
viene riconosciuto. Abili a propagandare la loro fede, secondo la loro
versione, incontaminata, ricevono biglietti, organizzano feste,
vendono materiale. La violenza fisica e morale non è forma: è
sostanza.
Ora
l'Inter riconosce il torto subito dagli “sfrattati”: Persone che
si erano sobbarcate anche lunghe trasferte per assistere a una partita. E
lasciate in balia dell'altrui e prepotente volontà.
Il
neo ministro promette di intervenire, per ora indaga e vuole capire
quanto successo.
Ma
fosse solo la Curva. È mentalità corrente che allo stadio si può
andare oltre. Tutto è ammesso e concesso. Non esiste il senso
comune: sintomo di debolezza. Si può rivendicare. È una terapia: ci
si sfoga liberamente al costo del biglietto.
Cosa
cambierà? Niente. Le istituzioni si indigneranno pubblicamente, Figc
e Lega rimarranno nel loro assordante silenzio, l'Inter cercherà di
ridimensionare quanto successo. E i giocatori continueranno ad andare
sotto la Curva: quando vinceranno; quando dovranno umiliarsi dopo una
sconfitta. Il resto dello Stadio applaudirà la loro coreografia.
E
lo spettacolo continua.