Il Professore Angelo Lungo ha fatto bene a tirar fuori la
storia delle curve negli stadi. Sono zone franche dove il retaggio della
sopraffazione si esalta, aiutato e spesso caldeggiato dallo Stato: statevene lì
e fate casino, meglio che infiammare le strade.
Se poi lo Stato è rappresentato, come in Italia, da politici
inetti e alla perenne rincorsa di un voto, ecco che i club sono completamente
soli e in balia di prepotenti variegati – anche a causa di dirigenti conniventi.
In Inghilterra e Germania si è risolto il problema, al netto
di qualche sacca di idiozia ancora fumante. Certo, poi lo stadio è diventato un
posto per ricchi, e lo vediamo anche nella placida Svizzera, con i settori
popolari gentrificati in nome della sicurezza, che a sua volta è l’alibi per i
commerci farisaici del calcio.
In questo quadro in disfacimento per incuria e ingordigia,
pedine ininfluenti sono i giocatori, che intascano, omaggiano e appena possono
cambiano aria, tutti, ma proprio tutti. E noi qua a parlare di bandiere
ammainate: ma per fortuna. Si ammainasse tutta la retorica dell’onore,
dell’appartenenza, dello scandalo, dei guerrieri e dei codardi, del rispetto,
della disciplina, forse si tornerebbe a giocare senza qualcuno che viene a
guardare per esprimere le sue idiozie ideologiche.
Per finire, se il capo della curva interista è stato
ammazzato, forse proprio un galantuomo non era. Ma certamente sono affari loro,
ben lontani dalla passione per il gioco. Che verrà violentato di nuovo e in men
che non si dica.
Quindi, questo pezzo non serve a niente.