FORMULA 1
Addio a Forghieri, un ingegnere geniale
È morto due giorni fa uno dei grandi protagonisti dei successi della Ferrari
Pubblicato il 04.11.2022 07:10
di Silvano Pulga
La morte di Mauro Forghieri ci ha colto, tutto sommato, impreparati. Ne parlavamo pochi giorni fa con un collega di TeleTicino: nei nostri ricordi di gioventù, Mauro Forghieri era un conoscente di nostro padre. Entrambi facevano parte di un'associazione di progettisti industriali, ma la loro conoscenza personale era più vecchia, e datava dagli anni'60, quando le auto da corsa erano ancora equipaggiate con la strumentazione analogica dell'allora società Fratelli Borletti, con sede in via Washington a Milano, celebre all'epoca anche per le macchine da cucine, e dove aveva lavorato, anni prima, anche il grande scrittore di romanzi noir Giorgio Scerbanenco. L'allora capoufficio di nostro padre conosceva personalmente il Commendatore, che gli mandava ogni anno i biglietti di Tribuna centrale per il Gran Premio di Monza. Non amando però lui il fracasso dei motori, li regalava ai suoi sottoposti più giovani; ed ecco perché, riordinando anni fa l'archivio fotografico dei nostri genitori, sono spuntate delle foto in bianco e nero di un Gran Premio d'Italia, probabilmente quello del 1964. Ma questa è un'altra storia.   
Chi era Forghieri? Secondo nostro padre, un genio del livello di Colin Chapman. Le auto da lui progettate (in F1) hanno vinto 54 Gp, 4 titoli mondiali piloti, 7 costruttori, in un sodalizio durato dal 1959 al 1984 (con prolungamento sino al 1987). In quell'epoca, le macchine si progettavano intere: scocca, motore, sospensioni. Come il genio britannico della Lotus, che costruiva le auto in una chiesa sconsacrata, Forghieri aveva compreso l'importanza dell'aerodinamica. La 312B con la quale Clay Regazzoni vinse il suo primo GP d'Italia a Monza nel 1970, era una sua creazione. Di recente (2015) è stata restaurata grazie all'intervento di Paolo Barilla, che l'ha poi guidata in alcune corse per auto storiche: il video dell'avventura lo trovate sui social. 312, una sigla vincente che stava per 3.000 di cilindrata per 12 cilindri. La sigla della 312 B3, con la quale Clay sfiorò il titolo nel 1974 (finì a soli 3 punti da Emerson Fittipaldi). Poi arrivò la 312T, dove T stava per cambio trasversale: la modifica che diede a Niki Lauda, arrivato in Ferrari la stagione precedente,  la macchina per vincere il suo primo titolo mondiale piloti.  
Probabilmente, Niki avrebbe vinto anche la stagione successiva, con la T2: ma si mise di mezzo il terribile incidente del Nürburgring, la squalifica poi annullata di James Hunt in Spagna, la pioggia del Giappone e la caparbietà di James che quel giorno, in Giappone, rimase in pista nonostante la pioggia, coronando con la vittoria del titolo un'annata che lo aveva visto comunque protagonista. Poi la rottura di Ferrari con Lauda, e l'arrivo di Gilles Villeneuve, che entrò nel cuore del Commendatore, dei tifosi e di tutto il Team. Forghieri chiedeva al canadese di fare più chilometri possibile, per affinare motori e telai: Gilles, che veniva dalle motoslitte, specialmente nei primi tempi, non riusciva a stare in pista, e tritava tutto ciò che gli veniva affidato. Col tempo, però, il canadese avrebbe scritto alcune delle pagine più spettacolari dello sport dei motori: per chi non l'avesse mai visto (magari qualcuno più giovane) basta andare a digitare su un motore di ricerca i nomi Villeneuve Arnoux Digione 1979, nell'anno in cui la Rossa vinse il titolo con Jody Scheckter. 
Forghieri, come raccontano diversi cronisti nel ricordarlo oggi, e come ci confidò tempo fa nostro padre, aveva un rimpianto: non essere stato presente a Imola, nel 1982, quando Pironi e Villeneuve ebbero una dura discussione dopo il Gran Premio di San Marino, vinto dal pilota francese. Noi c'eravamo, invece: quella macchina, la 126 C2, in quella stagione, era davvero eccezionale. Forse, però, troppo veloce per le piste dell'epoca, e tradì entrambi i piloti in quell'anno. Pironi, a differenza del compagno di scuderia, che perì a Zolder l'8 di maggio, sopravvisse al terribile incidente del 7 di agosto nel Gran Premio di Germania, ma la gravità delle lesioni riportate gli impedì per sempre di tornare alle corse. Si diede così alla motonautica, dove trovò la morte, durante una gara nell'isola di Wight, il 23 agosto 1987, a soli 35 anni.
Di Forghieri erano famose le discussioni con il Drake: in parecchie interviste rivelò che non lo chiamava ingegnere, come molti facevano, perché in effetti non lo era (Ferrari aveva ricevuto una laurea honoris causa in ingegneria da parte dell'Università di Bologna, ma non aveva fatto studi regolari). Tra loro spesso si esprimevano in dialetto, essendo entrambi emiliani. Ma avevano in comune l'affetto che provavano per i loro piloti. E quando qualcuno periva in pista, il dolore era immenso. Villeneuve, ma non solo: Lorenzo Bandini, Ignazio Giunti, per fare due nomi celebri. Addio. Ingegnere: nostro padre, oggi, è un po' più solo.