CALCIO
A San Gallo per capire la Svizzera
Andare allo stadio e osservare la gente: anche questo fa parte di una partita
Pubblicato il 07.11.2022 08:39
di Giorgio Genetelli
Per capire la Svizzera occorre salire sui treni, puliti, silenziosi, certo, ma ormai con inflessioni di ritardo che stizziscono alcuni, tipo me. Però c’è tempo per guardare e pensare, tanto non parla nessuno e anch’io me ne guardo bene. Sulla strada ferrata per San Gallo, scendo a Herisau, uno dei posti più mesti della Confederazione, secondo me. Anche le stazioni insegnano qualcosa, posti di transito per persone che o vanno da un’altra parte o non hanno un’altra parte. Eh sì. Una giovane ragazza, forse sudamericana e con una forma visibile di handicap, chiede a tutti, senza parlare e allungando la piccola mano, di darle qualcosa, ma nessuno la guarda o le rivolge un gesto. Stiamo tutti aspettando di andare in bus allo stadio, lo vedo dalle sciarpe e dai cappellini. La ragazza no, non ci andrà.
Lo stadio sangallese è un classico: andirivieni di consumi da sabato pomeriggio, indifferenza reciproca fino all’entrata in campo delle squadre. Da lì, fischi, ruggiti, cori e battiti di mani, tutto con grande calore, fino a qualche minuto dopo la fine della partita, quando torna la noncuranza.
Poi altra migrazione silenziosa, trasporto col bus alla stazione di Gossau, altre persone in transito, treno in ritardo, nessuno che guarda nessuno, alcuni slogan di un gruppetto di giovani. Sono le otto di sera e si va a casa, sul treno lindo senza parole ma col bar automatico che ti chiede la carta d’identità. Come se ne avessimo una.