La premurosa FIFA ha invitato i calciatori ad occuparsi, per
favore, solo del gioco e a non politicizzare il Mondiale. Così ci sarà spazio
per i pensatori come Khalid Salman, che è un ex-calciatore ed è passato dalla
maglietta all’asciugamano in testa (copyright Walter Sobchak), così può dire
ciò che vuole. Tipo che l’omosessualità è una malattia e che chi andrà in Qatar
dovrà adeguarsi alle abitudini locali. Sette anni di prigione per un
omosessuale dev’essere una terapia, a quanto pare.
Niente politicizzazione del Mondiale, dunque, ma certo.
Quindi non si parlerà dei morti sui cantieri e dei sottopagati (leggasi:
schiavi senza sindacato), delle donne invise e neglette, della corruzione come
vanto, della frettolosissima assegnazione dell’evento all’Emirato che dei
diritti umani non vuol sentir parlare, degli stadi climatizzati che al clima
vero si oppongono eroicamente.
Poi ci si mette anche Blatter il Redento, che dice cose del
tipo che il Qatar è troppo piccolo e la Coppa del Mondo troppo grande, non si
capisce bene a cosa siano applicate queste misure da folgorato sulla via di
Doha. Di certo ci sono state grandi mazzette per grandissime tasche, loro sì
sempre adatte ad accogliere.
Per tornare all’illuminato Khalid Salman, la sua intervista
alla Frankfurter Allgemeine è stata troncata sul più bello, quando stava per
dire che lui ha molti amici omosessuali e così non ha potuto spiegarsi bene,
che peccato.
Mancano dieci giorni all’inizio del Mondiale, giusto il
tempo per cambiare orientamento sessuale e presentarsi tutti purificati al
cospetto della FIFA, la dea bendata, che elargirà patenti di paradiso a tutti
coloro che staranno zitti. Pagare, guardare, giocare, sorridere. Al fresco dei
condizionatori, di aria e di cervelli. E alla fine saremo tutti guariti.
A dirla tutta, c’è fastidio anche nell’attaccare le figurine
sull’album.