QATAR
Quanto interesse c'è attorno al Mondiale?
Pochi schermi giganti e poca pubblicità: in Europa, "Qatar 2022" non sembra piacere molto
Pubblicato il 18.11.2022 10:15
di Silvano Pulga
Va detto: non è la prima volta, in tempi recenti, che in Italia si deve assistere a un Mondiale da spettatori neutrali. E proprio nell'anno in cui la televisione pubblica della vicina Penisola si era assicurata la possibilità di trasmettere tutte le partite, a differenza dell'ultima edizione che aveva visto gli Azzurri in campo: 2014 in Brasile, vale a dire in un altro decennio rispetto a questo. Eppure, il confronto tra l'edizione in Russia nel 2018 e quella che stiamo vivendo in questi giorni, non ha assolutamente paragoni. Nonostante l'esclusione della Nazionale italiana (per mano della Svezia, quella volta), le polemiche seguite a un vero e proprio dramma sportivo (l'unica esclusione degli Azzurri dai Mondiali di calcio maschili risaliva al 1958, sessant'anni prima) e tutto il resto, l'atmosfera mondiale si viveva anche oltre confine. A questo giro, invece, a poche ore dalla partita inaugurale (che vedrà opposti i padroni di casa all'Equador, domenica, alle 17, ora di Zurigo), tutto appare sottotraccia. Non abbiamo ancora visto alla televisione italiana (ne guardiamo poca, a onor del vero) uno spot di presentazione delle partite dei Mondiali. Abbiamo scoperto la mascotte ufficiale (assai improbabile a nostro parere, ma tant'è) della competizione La'eeb (parola araba che significa "giocatore super esperto") in rete, perché non è esposta, in Italia, da nessuna parte. L'inno della manifestazione (orecchiabile, ma si poteva fare di meglio) lo abbiamo ascoltato sul canale ufficiale della FIFA. Tuttavia, non ricordiamo (ma ripeto, siamo disattenti) di averlo ascoltato per radio o sui canali televisivi pubblici e privati del Belpaese.
Che dire? Gli inviti a boicottare i Mondiali di calcio in nome dei diritti umani (e non solo) piovuti da diverse parti sul pubblico hanno fatto effetto oltre confine (e non solo, come vedremo in seguito)? No, non crediamo sia solo per questo, perlomeno in Italia. In compenso, abbiamo preso atto dell'oggettivo disinteresse per la manifestazione (compresa la decisione, a Lugano, di non allestire il maxi schermo per la visione delle partite in piazza) anche in Paesi le cui squadre parteciperanno alla competizione. La narrazione relativa al movimento di boicottaggio ci racconta come non solo in Svizzera (Losanna, Neuchâtel) ci sia, in effetti, un'onda sempre più lunga rispetto a questa scelta da parte di molti cittadini. In Francia, a Parigi e in altre sette città, tra le quali Marsiglia e Bordeaux, come riferito dalla RSI, è stato annunciato che non verranno installati schermi giganti e allestite le fan zone nelle strade e nelle pubbliche piazze. In Ticino, l'unica area ufficialmente autorizzata in tal senso si trova a Chiasso. Dubbi a Mendrisio, mentre a Locarno si sta valutando l’opzione combinata con la tradizionale pista di ghiaccio, allestita per le feste natalizie.
Fermo restando che ci piacerebbe se, realmente, si fosse sviluppata una coscienza civile così forte in tutta Europa, non ci resta che prendere atto di una realtà che i grandi strateghi del marketing avevano previsto: i Mondiali di calcio, così come i Giochi Olimpici (con l'ovvia eccezione di quelli riservati agli sport invernali), sono manifestazioni che, in Europa, hanno il loro posto tradizionale in estate. Schermi giganti, ritrovi di tifosi: tutto fa rima, nel Vecchio continente, col bel tempo, col caldo, e con la voglia di stare all'aperto. Certo: a questo giro godranno invece i tifosi sudamericani i quali, in questo periodo, sono a ridosso dell'estate. Ma va detto: fermo restando il peso calcistico di questa area del mondo, a livello economico e geopolitico non si può paragonare questa parte del Pianeta con il Vecchio Continente. Aggiungiamoci l'incognita delle spese energetiche per riscaldare un ambiente chiuso, per forza di cose, vista la stagione; ed ecco che la scommessa dei Mondiali in Qatar, dal punto di vista pubblicitario, è stata persa prima ancora di cominciare. 
Non può, tra l'altro, non emergere una realtà oggettiva che esisteva anche ai tempi dell'assegnazione, e che poco ha a che vedere con gli avvenimenti geopolitici degli ultimi mesi: la sovrapposizione con la campagna natalizia, tradizionalmente la più ricca dell'anno.
In un'Europa travolta dall'inquietudine, dall'incertezza legata ai costi dell'energia, chi si sognerebbe di far partire un investimento pubblicitario di spessore legato ai Mondiali di calcio, a ridosso del Natale, anziché puntare, come da tradizione, su neve, slitte, renne e tutto il resto delle figure tradizionali del periodo? Non è un mistero, come scritto giorni fa dalla "Sonntags Zeitung", restando alla realtà di casa nostra (ma in Italia le cose sono andate allo stesso modo), che grandi aziende elvetiche della grande distribuzione, come Migros e Coop, abbiano investito cifre modeste rispetto al passato per il marketing destinato alla Coppa del mondo. Certo, c'è anche la volontà di evitare polemiche legate ai morti nei cantieri e allo scarso rispetto dei diritti umani nel Paese ospitante, naturalmente. Ma molto ha influito la consapevolezza che, a Berna come a Mendrisio, La'eeb avrebbe perso lo scontro diretto con Babbo Natale. Anche aziende come il Credit Suisse o Coca-Cola, che vorrebbero dare all'opinione pubblica un’immagine progressista rispetto alla protezione dell'ambiente, ai diritti degli omosessuali o delle donne, hanno preferito mantenere un profilo basso. Anche se, a onor del vero, l'unico riferimento ai Mondiali, visto sinora da chi vi scrive, sono proprio state delle lattine di Coca Cola griffate con i colori delle nazionali partecipanti. La scorsa settimana ne abbiamo portate alcune a nostro padre, proponendogli di collezionarle, come ricordo della manifestazione. Fortunatamente per noi, i nostri riflessi si sono dimostrati ancora buoni, permettendoci di schivare una delle citate lattine (vuota, naturalmente), lanciataci contro dal nostro genitore. Non fidatevi, quindi, dei vostri conoscenti italiani che ostentano disinteresse perché, al di là di tutto, dal punto di vista strettamente calcistico, non esserci brucia. Eccome.