NeuroMondiali
Dove si parla dell’assemblea, della prosecuzione dello sciopero femminile e del senso altissimo del gioco
Giorno 5
Pubblicato il 25.11.2022 10:41
di Giorgio Genetelli
I giorni di riposo sono quasi sempre i peggiori. Ieri c’è stata l’assemblea generale in piazza per elaborare visioni e precedenti dei NeuroMondiali. Il piccolo infante a rappresentare la moralità, l’Amado dalla parte delle regole nuove e vecchie che ha studiato al volo, la Sciura in nome delle donne e il Blondeonblonde come portavoce dei giocatori e del gioco stesso. Moderatore, il Secretario, ovvio.
Infante: “Solo la difesa accanita dei valori sportivi e amatoriali del giuoco del calcio…”
Blondeonblonde: “Bla bla bla!”
Secretario: “Per favore, non parliamoci sopra e non deridiamo le opinioni.”
Infante che prosegue: “…Non potevamo recedere dai principi di uguaglianza e libertà, che stanno volteggiando splendenti sui cieli del nostro Mondiale. Ecco.”
Dal pubblico: “Già sentita!”
Il momento di imbarazzo è servito alla Sciura per ribadire la prosecuzione dello sciopero femminile e alla Blattera di prendersi il suo infante e riportarlo a casa.
Allora lì è intervenuto il Blondeonblonde con il tempismo che ne ha contraddistinto tutta la carriera di calciatore e assicuratore: “Il calcio è tutto un inganno che si manifesta con le sue pause, le finte di corpo, le proteste, le perdite di tempo. La partita è una teoria di pensieri su come fregare gli avversari, come fermare l’orologio se si perde o ad accelerarlo se si vince. Si fingono ferimenti, si nascondono trattenute, si assumono arie da cherubini, si fanno facce truci, si prega l’arbitro (ora l’avremo anche noi) e si protesta, specialmente a vuoto tanto per irritare. Il calcio è un teatro simulato, ma vero nelle sue inesattezze, una recita senza copione con miriadi di improvvisazioni; è lo scatenare reazioni senza sapere dove si va a finire, la bellezza dell’ignoto incontrollabile. Si mente spudoratamente sui tocchi di mano e sulle parolacce (non sono stato io, frase di culto). Un dribbling è come dire a qualcuno “Oh, guarda là” e poi scappare via con la refurtiva. Un tiro di rigore è un duello di sguardi che io lo so che tu sai, ma io so che tu sai che io so e così via. Sgambetti, gomitate, palloni buttati nei fiumi e nei campi. Con l’ansia perenne di sapere che dopo novanta minuti tutto finirà, e quindi la bellezza di dover fare senza fermarsi mai. Anche le interruzioni sono gioco, sono immaginazione, sono rigenerazione. Il calcio è come la vita, che senso avrebbe se non sapessimo di morire? Una pigrizia incosciente, una noia non cercata. Invece la partita finisce, come la vita, e noi andiamo in paradiso o all’inferno, certi però di esserci divertiti a ingannare, a fregare, a creare, a provare cose mai viste con la sublime arte del gioco. Che non è solo tecnica, ma anche battaglia di nervi e astuzie. Voilà!”
C’è stato un momento spaventoso dove si sono sentiti i respiri cadere a terra. Poi l’Amado ha alzato la bandierina della Parisienne e tutti si sono lanciati come bisonti verso il Venturini che era arrivato col carretto dei gelati.
 
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