QATAR 2022
"Forse fu eccessivo, ma non fu un errore"
Stephan Lichsteiner torna a parlare del 2018, del Qatar e del suo futuro di allenatore
Pubblicato il 01.12.2022 10:23
di Red.
Al Mondiale 2018 in Russia, contro la Serbia, lui c’era. Fu una bella vittoria, che ci permise di andare agli ottavi di finale. Una partita che fece discutere moltissimo anche per ciò che successe dopo il gol dei rossocrociati, con Xjaka, Shaqiri e appunto Lichsteiner, a festeggiare con l’indimenticato e infelice gesto della doppia aquila.
Stephan Lichsteiner fece il suo esordio da professionista nel Grasshopper all'inizio degli anni '90, passando per Lille e Lazio Roma è approdato alla Juventus nel 2011, diventando campione d'Italia per sette volte di fila con la "vecchia signora". Il terzino destro ha collezionato 108 presenze in nazionale e dal 2016 ne è stato capitano. Dopo aver militato nell'Arsenal e nell’Augsburg, ha concluso la sua carriera nel 2020, all'età di 36 anni. Lichtsteiner allena gli U15 dell'FC Basilea dalla scorsa estate ed è anche membro del consiglio di amministrazione dell'HC Lugano.
Il Blick oggi lo ha intervistato.
La Svizzera passerà il turno?
“Sì”.
Cosa la rende così sicuro?
“La Svizzera ha i giocatori e l'allenatore migliori della Serbia”
Si può giocare per una vittoria o un pareggio nella speranza che il Camerun non vinca contro il Brasile?
“Puntare sul pareggio è sempre rischioso. Con Murat Yakin abbiamo un allenatore intelligente che sa come reagire in ogni situazione”.
Granit Xhaka ha promesso di astenersi da gesti politici. La federazione ha vietato le aquile a due teste. Nel 2018 le cose degenerarono…
“Granit e Xherdan hanno dovuto sopportare molti colpi sotto la cintura nel periodo precedente la partita di quattro anni fa. Era comprensibile, dal punto di vista umano, che si lasciassero trasportare dall'aquila bicipite e facessero il tifo per la loro seconda patria oltre alla Svizzera. Ovviamente nessuno vuol più rivivere quel tipo di esperienza”.
Anche Lei fece il gesto della doppia aquila: perché?
“Sono sempre stato solidale con i miei compagni di squadra e non sono stato un capitano che non vuole bruciarsi le dita. Questo fa parte dello sport e dell'amicizia all'interno di una squadra. All'intervallo eravamo in svantaggio solo per 1-0 grazie a Yann Sommer, ma nello spogliatoio erano tutti scontenti e c'era molta agitazione. Quando siamo riusciti a ribaltare la situazione, è stato incredibilmente emozionante dal punto di vista sportivo. L'atmosfera incandescente sugli spalti si è occupata del resto. Ripensandoci, forse è stato un po' troppo, ma non lo definirei un errore”.
Quanto è difficile per i giocatori ignorare la politica che si intrufola nel calcio?
“La risposta migliore a tutto è sempre il campo e se la Nazionale vince non ci sono problemi. Questo era già il nostro obiettivo nel 2018. I ragazzi sono esperti e intelligenti e hanno imparato dal passato. Ma naturalmente, ignorare completamente gli aspetti secondari non funziona. Questo fa parte del gioco e un calciatore deve essere in grado di sopportare queste “pressioni” senza che questo influisca sulle sue prestazioni”.
In questi Mondiali c’è stato il problema della fascia di capitano "One Love".
“In Qatar ci sono opinioni e leggi che non condividiamo ma che dovremmo rispettare. Il che non significa che dobbiamo approvarli. Altrimenti dovremmo essere coerenti fin dall'inizio e non partecipare affatto alla Coppa del Mondo. Difendere le proprie idee in un Paese straniero è difficile e può portare a delle divisioni. E purtroppo ne abbiamo abbastanza nel mondo in questo momento con il covid e la guerra in Ucraina. Una Coppa del Mondo dovrebbe fare notizia in termini sportivi e non essere usata per conflitti sociali e politici".
Parliamo di sport: lei ha giocato con la maggior parte dei giocatori della nazionale. Le viene ancora il “prurito” quando vede giocare la squadra?
“Un anno fa, agli Europei, è stato difficile, perché questo torneo avrebbe dovuto svolgersi nel 2020 ed essere il coronamento della mia carriera. Poi è arrivato il covid e ha mandato all'aria i piani. Seguo ovviamente le partite in TV, anche se ho perso il primo tempo della partita del Camerun perché era anche il giorno della visita a scuola di mio figlio, che naturalmente aveva la precedenza. Guarderemo la partita contro la Serbia in famiglia, tranne forse mia figlia, che è meno interessata al calcio”.
Contro il Brasile abbiamo perso 1 a 0 senza tirare in porta: ci voleva più coraggio?
“A parte le statistiche, abbiamo avuto due o tre azioni offensive pericolose che avrebbero potuto portare a un gol. Anche il Brasile non ha avuto molte occasioni. Penso ancora come un giocatore quando sono davanti alla TV e, da questo punto di vista, la Svizzera ha giocato una buona partita contro la favorita alla vittoria finale. Alla fine, una giocata eccezionale del Brasile ha deciso la partita”.
Stiamo assistendo alla migliore Nati di tutti i tempi?
“Questi confronti sono mediatici e in definitiva inutili. Per molti anni abbiamo giocato a un livello costantemente alto, ma purtroppo i dettagli sono stati a nostro sfavore. Nel 2006, i quarti di finale sono stati alla nostra portata ma abbiamo perso ai rigori contro l'Ucraina. Nel 2014 abbiamo perso contro l'Argentina ai tempi supplementari, nel 2016 ai rigori contro la Polonia. Contro la Svezia nel 2018 saremmo stati abbastanza bravi da vincere, ma poi non siamo scesi in campo. Era tempo che la fortuna bussasse alla nostra porta, come è successo un anno fa contro la Francia”.
Si dice che Murat Yakin abbia reso la Nazionale meno prevedibile rispetto al predecessore Vladimir Petkovic. È d’accordo?
“Murat non ha avuto un compito facile, prendendo in mano la squadra dopo la qualificazione ai quarti di finale del Campionato Europeo 2021 e continuando a guidarla ad alti livelli. Sta facendo un lavoro eccellente. Vlado non era molto popolare tra i giornalisti, ma ha ottenuto grandi successi. Le fondamenta della Nazionale di oggi sono state gettate da Ottmar Hitzfeld, che ha osato inserire giovani giocatori come Granit e Xherdan. Questi tre allenatori hanno tutti enormi meriti nella crescita del calcio svizzero”.
Quando vedremo Stephan Lichtsteiner allenare una squadra professionistica?
“Al momento sono nel posto giusto con i giovani. Per loro la conoscenza di ex giocatori che hanno maturato anni di esperienza a livello mondiale è estremamente preziosa. In Svizzera, purtroppo, la strada per ottenere la licenza Uefa pro è lunga e irta di ostacoli. Credo che gli ex giocatori possano imparare qualcosa dopo una carriera internazionale se la formazione è adeguata al loro livello. È inutile che uno che ha già fatto degli studi vada a lezione da un insegnante di scuola elementare”.
In che senso?
“Noi ex giocatori possiamo anche imparare alcune cose sulla pianificazione e sulle strutture, ma alla fine è solo la pratica sul campo a determinare se si è un buon allenatore. L'importante è come reagisco in campo in certe situazioni, come leggo una partita e come parlo con i giocatori. Un ex professionista di solito ha queste competenze nel suo bagaglio”.