Tornare alla
vittoria dopo sette sconfitte consecutive deve lasciare un sapore dolce in
bocca.
Si respira
meglio, si avverte il pericolo scampato, quello di una spirale negativa che si
era ormai innescata e che poteva benissimo sfociare nella parola crisi che fa
così tanta paura.
Invece se si
vince e convince, soprattutto in una pista come quella di Zurigo, ecco che il
pieno di fiducia è fatto. E si può ripartire per nuovi orizzonti.
Anche Luca
Cereda, il pragmatismo fatto persona, riconosce il valore di questo successo.
“Sono contento
per i ragazzi che già contro il Berna avevano dimostrato di essere in crescita.
Quando si perdono sette partite viene meno il coraggio e la fiducia, non si
fanno più certe giocate e il disco inizia a scottare. Il risultato aiuta senza
dubbio a ritrovare la sicurezza nei propri mezzi”.
Dopo questo
filotto di sconfitte qualcuno aveva iniziato a dire che ormai gli avversari conoscevano
il gioco di Cereda.
“Credo che tutti
conoscono tutti nella nostra Lega. A meno che una squadra non arrivi a una
partita con un allenatore nuovo, non ci sono possono essere grosse sorprese.
Con i video ormai si studiano gli avversari e spesso sono le giocate dei singoli
a fare la differenza. Dal punto di vista del gioco non ci sono grandi novità”.
A Zurigo la
doppietta di Perlini è quella che ha fatto la differenza.
“Sono contento
per il ragazzo, non è stato un periodo semplice per lui. È arrivato in Ticino,
ha giocato due gare in tre giorni e poi è stato rinchiuso da solo in albergo
per altri dieci giorni. Questa doppietta è la giusta paga per i sacrifici che
ha dovuto fare. Metterei però in risalto anche il grande passaggio di Flynn nell’azione
del terzo gol. Sono quelle giocate di cui parlavamo prima e che possono
cambiare una partita o anche la stagione di un giocatore e della sua squadra”.
Una stagione che
per voi resta ancora apertissima, vero?
“Senza dubbio.
Noi vogliamo centrare i preplayoff e sappiamo che ci sono due posti per quattro
squadre. Credo che fino alla fine sarà una bella lotta visto l’equilibrio che
regna in questo momento”.
Domenica Lombardi
aveva difeso Lei e Duca e aveva assicurato che il progetto sarebbe andato
avanti con le stesse due persone.
“Ho letto l’intervista
e le parole del presidente mi hanno fatto molto piacere. Credo che in questi
concetti espressi da Lombardi ci sia tutto l’Ambrì, capace di ricompattarsi nei
momenti difficili. Sono contento che Lombardi abbia detto che adesso,
diversamente dal passato, esistono un’idea e un progetto. Credo che abbia assolutamente
ragione. La società arriva da anni molto duri, su tutto il problema legato alla
pista, ma grazie dapprima alla volontà di Lombardi e Frigerio e poi di tanti
altri, sono riusciti a costruire un nuovo impianto. Una cosa tutt’altro che
scontata in una zona come questa”.
È questa la
famosa identità su cui Lei ha insistito dopo la sconfitta di Friborgo?
“Assolutamente
sì. Ogni club è diverso e bisogna capire a fondo quali sono i valori che ci
stanno dietro. Ogni tanto purtroppo lo si dimentica e allora noi siamo qui per
ricordarlo. Comunque l’impegno dei giocatori non era mai venuto meno, nemmeno
durante quelle partite che erano andate male: arrivavamo da una quarantena che
ovviamente aveva pesato sulle gambe”.
Per ricordare
questa identità ogni tanto bisogna ricorrere anche a qualche metodo un po’
particolare, vero?
“Non so se sia
particolare, però noi siamo rientrati alle 3 del mattino da Friborgo e alle 9
ci siamo ritrovati sul ghiaccio, per preparare la partita della sera contro il
Berna ma soprattutto per fare un po’ di chiarezza tra di noi, per avere una
discussione “forte”. Ovviamente non tutti i giocatori erano contenti di essere
lì a quell’ora e di aver dormito poco ma ogni tanto bisogna far capire al
gruppo che ci vuole più volontà e disciplina”.
Queste cose mancano
ogni tanto?
“Capita a tutte
le squadre in tutti gli sport, non si può sempre essere al massimo. Gli equilibri
di uno spogliatoio sono fragili, possono dipendere dalla forma o dall’atteggiamento
di uno o due giocatori. Due anni fa ad esempio tutti hanno parlato di Kubalik che
avrebbe fatto la differenza: è vero, si tratta di un grande giocatore, ma fu
Novotny che cambiò la nostra squadra”.
Cosa ci
vorrebbe per evitare questi sbalzi di rendimento e questi periodi altalenanti?
“Ci vogliono sempre
delle basi solide su cui aggrapparsi nelle difficoltà: bisogna cercare di
andare tutti dalla stessa parte e credere in ciò che si fa. I risultati sono
importanti ma non devono essere l’unico parametro con il quale calcolare il
lavoro che sta svolgendo una squadra. Bisogna capire il lavoro che si sta
facendo a lungo termine, il valore della squadra a disposizione, l’atteggiamento
dei giocatori e il loro rapporto con lo staff tecnico. Si dovrebbe fare una
valutazione molto più globale”.
Qualcuno ha
anche detto che questo è il peggior Ambrì di sempre.
“Chi l’ha detto
onestamente capisce poco di sport e del mondo Ambrì. La squadra ci ha sempre
messo impegno e attitudine e non ha mai cercato scuse anche nei momenti più
difficili”.
Lombardi ha
anche detto che la vostra è la squadra più penalizzata dall’assenza di
pubblico.
“Credo che le
squadre piccole sfruttino molto la spinta del pubblico, è qualcosa che può fare
la differenza, che dà forza e coraggio ai giocatori. Permette loro di fare
delle giocate che altrimenti non farebbero. In questo senso sono d’accordo con
il presidente”.