CALCIO E CANZONI
Ibra, dovrebbe essere San Siro il tuo palcoscenico non Sanremo
Il buon senso c’è ma se ne sta nascosto
Pubblicato il 23.02.2021 12:42
di Angelo Lungo
Assodato che ormai il calcio è un’industria. Accertato, che oltre l’avvenimento agonistico, è inscenato uno spettacolo. Acclarato che è un fenomeno sociale planetario. Appurato che scatena passioni che declinano verso il parossismo. Rassegniamoci: non ci sono più i calciatori di una volta. I giocatori hanno fatto una prepotente irruzione nell’immaginario collettivo. Esprimono se stessi attraverso la loro presenza esteriore. Sono delle stelle, immuni a critiche, sorvolano i comuni pensieri.
Eppure va detto: la presenza di Ibrahimovic a Sanremo non stona ma è dissonante.
Il personaggio è noto: forte convinzione di sé; autostima incommensurabile; profonda fiducia nei suoi mezzi. 
Peculiarità che certo gli hanno consentito di rimanere un atleta longevo ma manifestano un egocentrismo che sconfina nell’egotismo.
L’esegesi dello svedese necessita poi di un’aggiunta fondamentale: la presenza di un mentore astuto e furbo che lo assiste come procuratore.
Sembrava che la sua carriera si approssimasse alla fine in un campionato minore. Ma il football è territorio di frontiera: le regole sono scritte per essere sovvertite. Il Milan ha avuto l’intuizione di richiamarlo e l’esito sul campo è positivo.
Ora, però, questa vicenda segnala la debolezza della società. I milanesi sono di proprietà di un fondo, hanno messo in ruoli apicali dei rappresentati economici a loro collegati e affidato la gestione tecnica al duo Massara-Maldini, l’allenatore è un normalizzatore, un buon padre di famiglia.
Risultato: un vuoto di potere, spazio che il centravanti ha occupato con decisione.
Solitamente un club dovrebbe “controllare” un giocatore e non il giocatore “controllare” il club. Ibra detta la linea, tutti ai suoi piedi: dirigenti, allenatori e compagni. A completare la sinfonia la stampa, che per compiacere i tifosi, tesse lodi sperticate. 
La lite con Lukaku è sintomo di carisma, un modo di provocare.
E per terminare con toni populisti e moralisti, rammentiamo: l’ente pubblico, finanziato dai cittadini e che organizza l’evento, gli elargirà il “modico” compenso di 50 mila euro a puntata, per un totale di 250 mila euro.
Scrive Guy Debord: “Lo spettacolo è il brutto sogno della società moderna incatenata, che infine non esprime che il suo desiderio di dormire. Lo spettacolo è il custode di questo sonno”.