SPORT
Luca e il Crus: un'amicizia sotto l'albero
I due allenatori si sono incontrati e hanno parlato del loro lavoro e del loro rapporto
Pubblicato il 20.12.2022 10:00
di Red.
È quasi Natale e calcio e hockey, anche in Ticino, per un giorno vanno a braccetto.
Grazie all’amicizia tra Luca Cereda (allenatore dell’Ambrì) e Mattia Croci-Torti (tecnico del FC Lugano).
Il Blick li ha riuniti e ha realizzato un’intervista doppia.
Eccone alcune passaggi.
Da quanto tempo vi conoscete?
Croci-Torti: “Conosco il suo nome da sempre. All'epoca ero un adolescente e un tifoso dell'Ambri, e Luca giocava nella prima squadra. Quando è tornato dall'America e ha avuto questi problemi al cuore, gli ho anche scritto una lettera. In seguito, ci siamo conosciuti davvero perché mia moglie è una buona amica di tutta la famiglia Cereda. Ma probabilmente non si ricorderà della lettera (ride)”.
Cereda: “Sono sicuro di avere ancora questa sua lettera da qualche parte a casa. Conoscevo il suo nome quando era ancora un calciatore in attività. Negli ultimi anni ci siamo incontrati sempre più spesso, anche perché i nostri figli hanno interessi simili. E i problemi che ho nell'hockey sono simili ai suoi nel calcio. Possiamo scambiarci idee e incoraggiarci a vicenda”.
Cosa ti piace di Luca Cereda?
Croci-Torti: “È un modello per me. È diventato allenatore dell'Ambrì molto giovane e mi ha sempre affascinato la sua capacità di gestire le cose, anche in relazione ai media”.
Un allenatore di hockey può imparare qualcosa da un allenatore di calcio?
Cereda: “Sicuramente. Anche se si deve sempre rimanere se stessi, trovo stimolante imparare qualcosa da altri allenatori. È bello vedere come Mattia lo fa. Mi piace la freschezza che emana”.
Quindi il tipo di sport non è così rilevante?
Cereda: “Certo, ci sono aspetti tecnici e tattici diversi. Ma la gestione delle persone, dei giocatori e dello staff, è molto simile nei due sport”.

Le vostre squadre sono di dimensioni paragonabili. Ma nel calcio si possono utilizzare meno giocatori. È una sfida speciale?
Croci-Torti: “Assolutamente sì. Abbiamo 26 giocatori, compresi i portieri. Di questi, tre non sono nemmeno presenti nella formazione e fino a dieci non vengono utilizzati. I tre di solito mi odiano subito, e non sono molto amato nemmeno dai sostituti, perché per loro c'è il rischio di non giocare nemmeno un minuto. Non è così facile. Ma nell'hockey su ghiaccio, chi gioca in prima linea è più felice degli altri...”.
Cereda: “... sì, ma con noi 22 possono giocare nella stessa partita. È qualcosa di diverso”.
Croci-Torti: “Con voi, un giocatore del quarto blocco come Trisconi può decidere una partita con un gol: sarà felice per essere l'eroe per un giorno”.
Cereda: “Per me la cosa più difficile del mio lavoro è dover dire a un solo giocatore che non gioca. Si vede la delusione nei suoi occhi. Se dovessi farlo con dieci giocatori, sarebbe incredibilmente difficile. Non invidio Mattia per questo”.
Mattia Croci-Torti è un allenatore molto emotivo e utilizza tutta la sua area tecnica per muoversi. Non Le piacerebbe avere uno spazio così grande anche Lei?
Cereda: “Sì, non sarebbe male. Con più spazio, sicuramente mi muoverei di più, anche per dare coraggio ed energia agli altri, cosa che per me fa parte del lavoro. Ma forse sarebbe troppo, perché mi muovo già molto. Con più spazio probabilmente sarei pazzo come lui”! (ride)
Luca Cereda, invece, può avere molta più influenza sui giocatori in termini di comunicazione di quanta ne abbia lei, perché torna in panchina dopo ogni cambio. Lo invidia un po’ per questo?
Croci-Torti: “Il massimo che posso fare è parlare con il mio difensore esterno, tanto gli altri non mi sentono nell'atmosfera dello stadio. Per questo il mio linguaggio del corpo è ancora più importante. Anche durante la pausa, non è facile comunicare con i giocatori. Li lascio sempre da soli per qualche minuto, poi parlo al massimo di tre cose e mostro una o due sequenze nel video. Di più sarebbe troppo, i giocatori non sarebbero in grado di recepirlo, perché anche loro hanno i loro pensieri sul gioco”.
Cereda: Abbiamo anche due pause e il timeout. Pertanto, nell'hockey su ghiaccio abbiamo sicuramente dei vantaggi in termini di comunicazione”.
Un anno fa è uscito un documentario sull'Ambri, in cui sono stati mostrati anche i discorsi di Luca Cereda nello spogliatoio. Li ha visti? Le piacciono?
Croci-Torti: Sì e sì. A prescindere dal film, Luca incarna molto la leadership. Si vede che è il capo assoluto della sua squadra, ho anche assistito agli allenamenti con lui. Luca è una persona di assoluto rispetto, fa rispettare la disciplina. Da quando è allenatore, c'è pace nel club, mentre all'HC Lugano, per esempio, c’è sempre qualche problema in più”.  
Lei è uno che grida nello spogliatoio?
Croci-Torti: “Non ho mai gridato nello spogliatoio. Succede in campo, ma non nello spogliatoio. Cerco di trasmettere le mie parole con calma e attenzione e penso bene prima al messaggio che voglio trasmettere”.
Cereda: “Ha urlato così tanto nel primo tempo a bordocampo che non deve più farlo nella pausa" (ride).
Cosa ha provato quando si è visto nel documentario?
Cereda: “Quando sono in allenamento o in partita, sono nel mio mondo. E in quel mondo cerco di vivere quante più emozioni possibili. A volte sono emozioni positive e a volte sono emozioni negative, proprio come nella vita normale”.
I giocatori di hockey su ghiaccio hanno bisogno di un approccio diverso rispetto ai calciatori? In relazione al luogo comune secondo cui i giocatori di hockey su ghiaccio sono più duri e i calciatori sono più divi?
Croci-Torti: Certamente ogni sport ha la sua cultura. L'hockey su ghiaccio è uno sport di contatto, noi nel calcio non lo siamo più da quando esiste il VAR. Nell'hockey su ghiaccio, il pubblico forse ama di più gli underdog come l’Ambri, mentre nel calcio sono le grandi star a entusiasmare le masse”.
Cereda: “Penso che i due sport si stiano avvicinando sempre di più. Certo, 15-20 anni fa era così, il macho era un giocatore di hockey. Anch'io giocavo con forti dolori e nessuno se ne preoccupava. Oggi è diverso, oggi il corpo in relazione alla salute è molto più rispettato come la risorsa più importante per le prestazioni di alto livello. Penso che lo abbiamo imparato dal calcio. Anche l'atletica dei due sport sta andando nella stessa direzione, stiamo diventando sempre più simili. Bisogna essere forti e veloci allo stesso tempo”.
Un allenatore dell'Ambrì può simpatizzare per un allenatore del Lugano solo perché si tratta di un altro sport o capita soltanto tra voi due perché siete amici?
Cereda: “Si può essere amici anche nell'hockey, perché in fondo siamo tutti sulla stessa barca. E tutti hanno una fase negativa a volte. Noi due ne abbiamo già parlato. Quando l'Ambri vince, ricevo circa 20-30 SMS, quando perdiamo due o tre - da mia moglie, mio padre e mia sorella. Quando si perde, spesso si è soli. Per questo ho potuto simpatizzare con Chris McSorley quando ha dovuto lasciare Lugano”.
Potrebbe essere un giorno amico di Luca Gianinazzi come lo è di Croci-Torti?
Cereda: “Gianinazzi era un mio giocatore quando ero allenatore a Biasca. Ha un'enorme capacità sociale e all'epoca gli consigliai di diventare un allenatore. Sono soddisfatto di ciò che è diventato. Quando ci vediamo, parliamo anche un po' insieme. Ma essere amici come Mattia e me - no, non è possibile, sarebbe troppo difficile! La rivalità tra Ambrì e Lugano è troppo grande e probabilmente non sarebbe accettata nemmeno dai club”.
Croci-Torti: “È proprio così”!