QATAR 2022
Storia e fascino di una premiazione
La consegna della Coppa a Messi tra esaltazione e strani pensieri
Pubblicato il 20.12.2022 10:20
di Silvano Pulga
Siamo sinceri: abbiamo guardato la premiazione dei vincitori della Coppa del mondo in Qatar con occhio distratto. Per due motivi: il primo, perché non aveva vinto la nostra squadra. La premiazione, nello sport, riguarda chi ha vinto e i suoi tifosi. Gli altri applaudono, si complimentano, ma poi fanno un passo indietro, com'è giusto che sia. Non è un caso che la medaglia d'argento sia infatti consegnata prima di quella d'oro e del trofeo. Il secondo, più meramente professionale, è che stavamo scrivendo a caldo le nostre impressioni: i tempi della stampa web sono spietati, e vince (non sempre, ovviamente: la qualità ha un peso) chi arriva prima.
Premesso questo, le polemiche roventi di queste ore ci hanno colto un po' impreparati, e abbiamo dovuto leggere e rivedere le immagini per capire. Abbiamo visto di tutto: indignazione, indignazione per chi si indignava, indifferenza, accuse di benaltrismo e chi più ne ha più ne metta. Siamo gente di sport, e preferiamo parlare di tattiche, di gesti tecnici, di rigori concessi e negati magari: queste polemiche ci lasciano perplessi. Però, Messi che alza la Coppa più iconica del calcio mondiale vestendo un abito tradizionale qatariota sopra la casacca di gioco, e Salt Bae che la stringe tra le mani, a fianco di un Messi chiaramente imbarazzato, sono qualcosa che non ci si aspettava, francamente. E, al di là di tutto, si tratta di episodi solo apparentemente banali, che hanno infranto non solo i protocolli.
Abbiamo i capelli grigi, e la presunzione di aver capito, a grandi linee, come si sta al mondo. Proprio per questo, abbiamo imparato quale sia il valore della pedagogia e della narrazione. Ecco, sullo sport agonistico la narrazione è sempre stata chiara, e sta alla base del movimento, e del suo successo planetario. I valori dello sport sono la lealtà, il lavoro dietro la prestazione, il partire tutti alla pari, il complimentarsi con il vincitore, l'importanza di partecipare prima di tutto. Ce n'è un altro, importante: la vittoria non la puoi comprare. Chi lo fa e viene scoperto, infatti, viene squalificato. A tutti i livelli, in tutti gli sport. E non solo, tentare di farlo costituisce un marchio che va oltre quello di negativo.
Poi, intendiamoci: con i soldi si possono ingaggiare gli atleti più bravi, creare una squadra fortissima. Ma, come abbiamo visto sinora, non sempre basta: e l'esempio è proprio il PSG, dove giocano assieme Messi e Mbappé, gli eroi della finale, i quali non hanno ancora vinto la Champions League. Ma proprio questa è l'essenza dello sport, anche se, lentamente, le sorprese diventano sempre più rare. Nel nostro piccolo, in Ticino, lo scorso anno abbiamo visto il FC Lugano alzare la Coppa nazionale, battendo compagini più attrezzate soprattutto dal punto di vista del budget: perché il calcio, in una partita secca da dentro o fuori, sa regalare emozioni forti. E, da quello, deriva tutto il suo fascino. 
C'eravamo, a Berna: e ricordiamo l'area della premiazione delimitata, e le istruzioni dettagliate ricevute con l'accredito. Come giusto che fosse: va bene la stampa, vanno bene gli sponsor. Ma c'è una sorta di sacralità in certi gesti, che derivano appunto dalla narrazione. La vittoria è il punto d'arrivo di un percorso, che ha coinvolto, nel caso della Coppa del Mondo, centinaia di squadre, che si sono battute per anni al fine di partecipare alla fase finale, e qualificarsi per sognare di essere in campo in quella partita. Dietro la passione, il lavoro, le emozioni di migliaia di atleti. Vigilie insonni, esultanze, delusioni: al di là dei giudizi personali, chi, da appassionato, non ha provato qualcosa, vedendo Cristiano Ronaldo lasciare il campo dopo l'eliminazione, che sanciva per lui l'impossibilità di poter riprovare ancora a vincere il massimo trofeo mondiale del calcio, con buona pace del torneo olimpico? Chi dice il contrario, mente. Anche se il personaggio ha attirato, come tutti del resto a quel livello, anche antipatie e, diciamolo, invidia.
Ecco, questa sono la narrazione e la pedagogia che stanno dietro lo sport. Che fanno sì che miliardi di persone lo pratichino e lo seguano in tutto il mondo, generando un indotto (anche economico) piuttosto importante, viste le cifre incassate dalla FIFA. E non solo, come sappiamo. Noi non siamo dirigenti sportivi, siamo solo addetti ai lavori. Però una cosa la vogliamo dire, a chi governa il mondo dello sport e quello del calcio in particolare: non giocate troppo con la narrazione, con il rispetto dei diritti umani e altri temi di questo tipo. Perché è la gente che decide i destini delle cose umane. E la gente, prima o poi, potrebbe decidere che, questa cosa, a queste condizioni, quando i fatti contraddicono la narrazione, non va più bene. Lo cantava De Gregori: "E poi la gente, (perché è la gente che fa la storia) quando si tratta di scegliere e di andare, te la ritrovi tutta con gli occhi aperti, che sanno benissimo cosa fare. Quelli che hanno letto milioni di libri e quelli che non sanno nemmeno parlare, ed è per questo che la storia dà i brividi, perché nessuno la può fermare." Forse è il caso di ascoltarlo, prima che il giocattolo si rompa davvero.