CALCIO
Ripartono la Super League, i treni e gli stupori
Il nostro campionato è fatto di squadre ma anche di ambienti da vivere e respirare
Pubblicato il 21.01.2023 11:37
di Giorgio Genetelli
Il piccolo calcio svizzero si rimette in moto, tra modernismo e tradizione, e si riesce a capire solo andandoci di persona. Si rimettono in marcia anche tutti quelli che ci lavorano, compresi noi pendolari del video. Era ora, dopo la noia delle feste per smaltire la sbornia mondiale e le chiacchiere per sentito dire. Sembra tutto uguale, da lontano: schemi, riti, organizzazione, parole. Invece contiene mondi da visitare. Eccoli.
Berna (Young Boys 35 punti) – Come si esce dal treno, la Capitale si presenta con la sua calma innata, spesso innervata da cortei di ogni genere per rivendicare diritti nel cuore elvetico. Il Wankdorf è tanto bello quanto placido, tutti salutano e dicono che bello che sei qua. La squadra è tornata in vetta dopo un anno lasciato allo Zurigo e ci resterà.
Ginevra (Servette 25) – Tutto quanto sembra staccarsi dalla Svizzera, dall’aria di Francia alle donne di un’eleganza impareggiabile, anche quando sfidano la folla ammassata nei tram. Austera e globale, mille lingue e un’idea di pensiero progressista, seppur irrigidito nel suo calvinismo urbano, diritto nelle facciate da boulevard. Servette con uno stadio fuori misura e forse da rifare. La squadra è sparagnina e contiene in sé l’anima della città, elegante e parca. Un po’ più di calore sarebbe gradito, anche solo per dissolvere il perenne stratus.
San Gallo (San Gallo 24) – San Gallo è solo calcio e noi pendolari quasi non la vediamo perché scendiamo dal treno a Herisau, che è un posto francamente angosciante. Si capisce dunque perché il pubblico sia così appassionato e nervoso, con alcuni picchi di antisportività o disperazione: il calcio è uno scopo, non un diletto. Stadio sempre pieno e allenatore (Zeidler) scenografico, squadra all’attacco perenne. Un modo essere collettivo, ma poco aperto agli altri.
Lugano (Lugano 23) – La luce mediterranea che la avvolge comincia alla stazione e si diffonde tra lago e piazze, con una meraviglia quasi abbagliante. Eppure c’è sempre una specie di distacco, di fretta, nella gente che sfila nella sua bellezza. Come se non fosse nel posto giusto. Contrasto stridente, esattamente come quello tra la passione del Crus e dei suoi ragazzi e la pochezza sugli spalti. La squadra merita e secondo noi agguanterà la seconda piazza e i preliminari di Champions. Eppure, pienone a Cornaredo solo con prezzi ridotti. Chissà al nuovo stadio quanti miracoli si chiederanno?
Basilea (Basilea 21) – Più europea che Svizzera, si sente così la città renana. E infatti palpita apertamente per la sua squadra, tra mozioni d’amore e dissenso. Basilea che aveva raggiunto uno status continentale nel calcio, ormai quasi dilapidato tra nobiltà decaduta, perdita di talento e comunione d’intenti, oltre all’avvento dell’YB. In corsa per il secondo posto, sì, ma mestamente. La carbonara in sala stampa però è il top.
Lucerna (Lucerna 20) – Non c’è stazione elvetica messa meglio: cultura, urbanistica, lago. Tutto appare in un colpo solo. Poi si va in campagna in pochi minuti e tra fiere e tendoni da circo ecco lo stadio, bellissimo e vibrante. Ma anche lì, problemi societari e progetti sportivi altalenanti, sempre un po’ da sotto il tappeto come si usa in Svizzera con molte cose imbarazzanti. Campionato tranquillo, e quindi anonimo, tranne il gioiello Jashari.
Zurigo (Grasshopper 20, Zurigo 12) – Tornare dallo stadio fino a Stauffacher a piedi è mortificante, e la causa è l’intemperanza dei tifosi che sgangheravano i tram fino alla decisione di cancellarli. Cuore economico, ma anche dell’inciviltà da stadio. Che è poi il vecchio e atletico Letzi, che sembra sempre vuoto e disperso. Quello nuovo si attende da anni e forse per il 2026 nascerà, ricorsi esclusi). Le Cavallette sono una multinazionale, ma di modesto cabotaggio, non particolarmente emozionante, anche se la squadra è volubile e ha un talento gigantesco in Giotto Morandi che chissà perché il Ticino non ha trattenuto. Lo Zurigo ha realizzato l’impresa di vincere il campionato scorso, ma ha fatto ancora di più precipitando sul fondo di questo. Gode di un credito di riconoscenza, ma la tensione è palpabile e quindi i tram non verranno riammessi.
Sion (Sion 20) – Si attraversa una valle che sembra più la Provenza, arida, ammantata di vigneti e poi a Sion casermoni e una specie di caos periferico da meridione. Vien sete solo a guardare. Tourbillon di allenatori, come al solito, ma stavolta aleggia nell’aria il possibile addio di Constantin, padrone amato e temuto, ma sempre di una generosità senza confini. Se così fosse, che ne sarà del Sion e di quel che resta della sua potente anima, oltre che della capacità di stare a galla controvento in un mondo costoso?
Winterthur (Winterthur 16) – Tornata dopo oltre trent’anni, la cittadina zurighese è anonima quanto basta (per i pendolari del calcio che scendono dal treno e in cinque minuti sono alla partita senza vedere il resto). Ma lo stadio è inarrivabile, tanto è rimasto indietro nella sua orgogliosa vetustà. Sempre pieno, con pezzi quasi dimenticati, vedasi l’orologio rotondo e i cervelat sublimi. Partita in modo orrido, la squadra si è adattata umilmente alla realtà moderna in cui è precipitata e con un calcio pane e salame si è ribellata al destino al quale tutti la destinavano e per ora è virtualmente salva. Per l’aria che vi si respira, ci si andrebbe tutte le domeniche, un piccolo mondo antico, ma commovente.