Il piccolo calcio svizzero si rimette in moto, tra
modernismo e tradizione, e si riesce a capire solo andandoci di persona. Si
rimettono in marcia anche tutti quelli che ci lavorano, compresi noi pendolari
del video. Era ora, dopo la noia delle feste per smaltire la sbornia mondiale e
le chiacchiere per sentito dire. Sembra tutto uguale, da lontano: schemi, riti,
organizzazione, parole. Invece contiene mondi da visitare. Eccoli.
Berna (Young Boys 35 punti) – Come si esce dal treno, la
Capitale si presenta con la sua calma innata, spesso innervata da cortei di
ogni genere per rivendicare diritti nel cuore elvetico. Il Wankdorf è tanto
bello quanto placido, tutti salutano e dicono che bello che sei qua. La squadra
è tornata in vetta dopo un anno lasciato allo Zurigo e ci resterà.
Ginevra (Servette 25) – Tutto quanto sembra staccarsi dalla
Svizzera, dall’aria di Francia alle donne di un’eleganza impareggiabile, anche
quando sfidano la folla ammassata nei tram. Austera e globale, mille lingue e
un’idea di pensiero progressista, seppur irrigidito nel suo calvinismo urbano,
diritto nelle facciate da boulevard. Servette con uno stadio fuori misura e
forse da rifare. La squadra è sparagnina e contiene in sé l’anima della città,
elegante e parca. Un po’ più di calore sarebbe gradito, anche solo per
dissolvere il perenne stratus.
San Gallo (San Gallo 24) – San Gallo è solo calcio e noi
pendolari quasi non la vediamo perché scendiamo dal treno a Herisau, che è un
posto francamente angosciante. Si capisce dunque perché il pubblico sia così
appassionato e nervoso, con alcuni picchi di antisportività o disperazione: il
calcio è uno scopo, non un diletto. Stadio sempre pieno e allenatore (Zeidler)
scenografico, squadra all’attacco perenne. Un modo essere collettivo, ma poco
aperto agli altri.
Lugano (Lugano 23) – La luce mediterranea che la avvolge
comincia alla stazione e si diffonde tra lago e piazze, con una meraviglia
quasi abbagliante. Eppure c’è sempre una specie di distacco, di fretta, nella
gente che sfila nella sua bellezza. Come se non fosse nel posto giusto.
Contrasto stridente, esattamente come quello tra la passione del Crus e dei
suoi ragazzi e la pochezza sugli spalti. La squadra merita e secondo noi
agguanterà la seconda piazza e i preliminari di Champions. Eppure, pienone a
Cornaredo solo con prezzi ridotti. Chissà al nuovo stadio quanti miracoli si
chiederanno?
Basilea (Basilea 21) – Più europea che Svizzera, si sente
così la città renana. E infatti palpita apertamente per la sua squadra, tra
mozioni d’amore e dissenso. Basilea che aveva raggiunto uno status continentale
nel calcio, ormai quasi dilapidato tra nobiltà decaduta, perdita di talento e
comunione d’intenti, oltre all’avvento dell’YB. In corsa per il secondo posto, sì,
ma mestamente. La carbonara in sala stampa però è il top.
Lucerna (Lucerna 20) – Non c’è stazione elvetica messa
meglio: cultura, urbanistica, lago. Tutto appare in un colpo solo. Poi si va in
campagna in pochi minuti e tra fiere e tendoni da circo ecco lo stadio,
bellissimo e vibrante. Ma anche lì, problemi societari e progetti sportivi
altalenanti, sempre un po’ da sotto il tappeto come si usa in Svizzera con
molte cose imbarazzanti. Campionato tranquillo, e quindi anonimo, tranne il
gioiello Jashari.
Zurigo (Grasshopper 20, Zurigo 12) – Tornare dallo stadio
fino a Stauffacher a piedi è mortificante, e la causa è l’intemperanza dei
tifosi che sgangheravano i tram fino alla decisione di cancellarli. Cuore
economico, ma anche dell’inciviltà da stadio. Che è poi il vecchio e atletico
Letzi, che sembra sempre vuoto e disperso. Quello nuovo si attende da anni e
forse per il 2026 nascerà, ricorsi esclusi). Le Cavallette sono una
multinazionale, ma di modesto cabotaggio, non particolarmente emozionante,
anche se la squadra è volubile e ha un talento gigantesco in Giotto Morandi che
chissà perché il Ticino non ha trattenuto. Lo Zurigo ha realizzato l’impresa di
vincere il campionato scorso, ma ha fatto ancora di più precipitando sul fondo
di questo. Gode di un credito di riconoscenza, ma la tensione è palpabile e
quindi i tram non verranno riammessi.
Sion (Sion 20) – Si attraversa una valle che sembra più la
Provenza, arida, ammantata di vigneti e poi a Sion casermoni e una specie di
caos periferico da meridione. Vien sete solo a guardare. Tourbillon di
allenatori, come al solito, ma stavolta aleggia nell’aria il possibile addio di
Constantin, padrone amato e temuto, ma sempre di una generosità senza confini.
Se così fosse, che ne sarà del Sion e di quel che resta della sua potente
anima, oltre che della capacità di stare a galla controvento in un mondo
costoso?
Winterthur (Winterthur 16) – Tornata dopo oltre trent’anni,
la cittadina zurighese è anonima quanto basta (per i pendolari del calcio che
scendono dal treno e in cinque minuti sono alla partita senza vedere il resto).
Ma lo stadio è inarrivabile, tanto è rimasto indietro nella sua orgogliosa
vetustà. Sempre pieno, con pezzi quasi dimenticati, vedasi l’orologio rotondo e
i cervelat sublimi. Partita in modo orrido, la squadra si è adattata umilmente
alla realtà moderna in cui è precipitata e con un calcio pane e salame si è
ribellata al destino al quale tutti la destinavano e per ora è virtualmente
salva. Per l’aria che vi si respira, ci si andrebbe tutte le domeniche, un
piccolo mondo antico, ma commovente.