CALCIO
Mangiarratti e la chiamata giusta
Da poco separatosi dal Vaduz, nato granata, non sta pensando alla panchina dell'AC Bellinzona
Pubblicato il 25.01.2023 17:17
di Enrico Lafranchi
Quando ha lasciato il Vaduz un paio di mesi or sono, in molti avevano pensato che Mangiarratti sarebbe tornato al Comunale, questa volta non più sulla panchina avversaria ma su quella che rientrava e, diciamolo senza fantasticare, rientrerà ancora nei suoi sogni. Lui, un granata al mille per mille che da giocatore ha avuto un… fiume di allenatori: Mirko Bertoli, Gianni Dellacasa, Vladimir Petkovic, Marco Schällibaum, Alberto Cavasin, Martin Andermatt, Roberto Morinini. In novembre i granata non ne indovinavano più una, il suo nome era sulla bocca di tutti. Quando glielo diciamo si mette a ridere: “Può darsi che ne parlassero in tanti ma non le persone della società. Il Bellinzona ce l’aveva l’allenatore, nella categoria dobbiamo portarci rispetto. La cosa mi ha dato fastidio (precisiamo: che sia stato fatto il suo nome dai media, ndr)”.
Alessandro esclude al momento di rientrare a campionato in corso: “Non è che sono in giro a sperare che qualcuno sia licenziato, avevo accettato la panchina del Vaduz (subentrando a Marco Frick, ndr) perché mi era stata data la possibilità di un posto migliore (era alla guida dello Young Boys II, ndr)”. Niente ritorno in granata quindi, nessun commento su quanto è avvenuto nell’ACB settimana scorsa: “Non mi va di commentare quello che succede in casa d’altri”.
Ale, ti stai forse concedendo un anno sabbatico? 
“No no, anzi spero che mi si presenti fra 3-4 mesi un’opportunità, un progetto che sia interessante. Approfitto di questa pausa per ricaricare le energie, avrò la possibilità di vedere delle partite, discutere con qualche allenatore. Un modo per tenermi aggiornato, per riordinare le idee e trovarne di nuove”.
A proposito di energie è vero, come è stato detto da qualche parte, che a Vaduz ti eri stressato per il pesante e pressante ritmo? 
“Non è esattamente andata così. Se mai sono stato frainteso. Il fatto è che non eravamo pronti per affrontare questo doppio impegno (5 partite in 15 giorni tra campionato e Uefa, ndr). Ne abbiamo disputato 12 in più delle altre squadre (di ChL, ndr), in pratica un campionato nel campionato. Ciò ha finito con l’aumentare i carichi di lavoro anche sullo staff di tre sole persone. Avevo chiesto di migliorare la situazione, purtroppo non ci siamo trovati su alcuni punti. È stato a quel momento che ho deciso di interrompere il nostro rapporto. Di comune accordo”.
Hai comunque assaporato grandi soddisfazioni: 
“Abbiamo fatto una cavalcata strepitosa battendo avversari veramente quotati. Ovvio che questi momenti di gran gioia ci sono costati tantissima energia, sia a livello fisico che mentale. Questo ha fatto sì che non siamo riusciti a trovare il passo giusto in campionato. Peccato che anche l’affluenza al Rheinpark, a prescindere dalla bellezza dello stadio, non dico fosse desolante ma lasciava a desiderare specialmente nelle gare infrasettimanali di ChL (in quelle di Conference League 20, 30 mila spettatori in Austria rispettivamente in Turchia, ndr)”.
Come vedi i tuoi ex nel girone di ritorno? 
“Non saranno più impegnati in Europa, mi attendo da loro una bella scalata (il Vaduz è penultimo ma ci sono quattro squadre, compreso il Bellinzona, racchiuse nello spazio di soli 6 punti, ndr). Il campionato è ancora tutto aperto se guardiamo le prime 6-7 posizioni. Dietro, il Thun è rimasto un po’ ‘infangato’ ma dispone di giocatori di qualità, lo Sciaffusa nonostante sia partito abbastanza bene si è trovato in difficoltà, il Neuchâtel lo ritengo una buona squadra, tra l’altro si è mosso sul mercato. È però difficile che queste squadre, Vaduz compreso, possano rientrare davanti”.
E il Bellinzona?
“Ha fatto un bellissimo percorso, lo dico da bellinzonese! Spero che i granata possano giocarsela sino alla fine, saranno tutte partite molto equilibrate”.
Contento che sia stato rinnovato il contratto al tuo amico Croci Torti?
“Molto contento, Mattia se lo merita. Quest’anno ha saputo gestire alla grande una squadra ‘orfana’ di 4-5 ‘senatori’ (c’erano più preoccupazioni che certezze in avvio di campionato, ndr). Basti dire che il Lugano è ora secondo in classifica!”.
Il presente (e futuro) del Chiasso è appeso a un lumicino. ‘Salvate il Chiasso’ è un grido d’allarme, venisse finalmente raccolto ne uscirebbe vincitore il calcio ticinese. Sei d’accordo?
“Certamente! C’è sempre una bella rivalità tra le squadre cantonali, alla fine sono tutti ‘parenti stretti’ (non già i ‘parenti terribili’ di Cocteau e tantomeno i ‘parenti serpenti’ di Monicelli, oggi i nostri club sono fortunatamente riconoscibili, per cantarla alla De André …, come ‘compagni di viaggio’ anche se in categorie diverse, ndr). Ne guadagna anche il movimento giovanile ticinese, è infatti interessante avere più squadre a un buon livello. Un giocatore forte forte può andare a Lugano, uno un po’ meno a Bellinzona, un altro ha la possibilità di iniziare il suo percorso a Chiasso. Ne usciamo tutti vincitori se il movimento cantonale funziona!”.
Visto che parli di giovani, rientrare nel Team Ticino potrebbe rientrare tra i tuoi obiettivi? 
“No, in questo momento non mi interessa, sono ancora focalizzato sugli Attivi. Chiaro però che nel mio futuro non escludo nessun tipo di occupazione”.
Eri arrivato a Chiasso, la tua prima panchina importante, proprio per il buon lavoro fatto col Team: 
“Ho lavorato quasi 10 anni nelle giovanili, Chiasso per me è stato un momento importante, una bella esperienza. Come d’altronde quella che è seguita con la Under 21 dello Young Boys con cui siamo saliti dalla Prima Lega alla Promotion League”.
Un passo determinante per approdare al Vaduz? 
“Sicuramente, il processo di continuo rinnovamento si è rivelato per me molto positivo”.
In conclusione Ale, possiamo dire che sei pronto a cogliere l’occasione favorevole? 
“I matrimoni si fanno sempre in due, si tratterà di valutare se si tratta di un progetto sensato e convincente”.