CALCIO
Il colore granata dell'Yverdon
Parla, Aris Sörensen, nipote del grande Jörn
Pubblicato il 27.01.2023 19:29
di Enrico Lafranchi
 La partita tra granata e vodesi è subito spiegata con due numeri: 23, 32. Sono i punti conquistati al termine del girone d’andata dalle due squadre che si affronteranno per la terza volta in questa stagione. Il bilancio delle due precedenti sfide è di perfetta parità: una vittoria ciascuno. Quella che si disputerà al Comunale non è però da considerare una “bella”. A prescindere che i ‘giochi’ saranno pareggiati fra tre mesi allo stade Municipal (e non nello spazio di un mese come è accaduto in estate, una stranezza in più del calendario), la partita di domenica ha un’importanza per il Bellinzona che definire decisiva è il minimo che si possa dire. La distanza dal terzo posto aumenterebbe infatti a 12 punti! Significa, per dirla chiaramente, che la squadra passata dalle mani di Raineri a quelle di Maccoppi in un sol colpo rischia di precipitare e finire fuori dalla lotta. I granata non potranno più dire, come è successo finora in ben 9 (nove!) occasioni, “oggi abbiamo perso, cercheremo di rifarci domani”. Anche perché il rischio di vedersi superati in classifica da altre squadre (il Thun è indietro di una sola lunghezza) e di cumulare ulteriore ritardo su quelle che hanno già effettuato il sorpasso (come l’Aarau) è molto grande. Maccoppi deve per forza fermare l’emorragia scaturita dalle tre battute d’arresto conseguite nelle ultime quattro uscite dell’andata. Chiaramente le prossime partite sono di grande importanza sia per la squadra che per l’allenatore. Ma quella con i vodesi ha un peso che ritenere elevatissimo non è fuori misura. 
Il discorso è completamente diverso per l’Yverdon. Marco Degennaro, che abbiamo sentito ad inizio settimana, ha inquadrato molto bene la situazione. La squadra gioca quasi a memoria (un tabù per il Bellinzona: con Raineri di gioco se ne è visto ben poco) e soprattutto si diverte (anche in partita, i granata invece stranamente mostrano questo atteggiamento solo in allenamento: lo abbiamo costatato anche venerdì sul mezzogiorno). È incomprensibile da parte di un gruppo di giocatori giovani ed entusiasti (come lo è quello vodese).  
Ci intratteniamo con Aris Sörensen, nipote di Jörn già brillante giocatore dell’indimenticabile ACB di Leandro Rossini, Renzo Bionda, Flavio Tagli, Michelino Rebozzi (solo per citarne alcuni) poi diventato allenatore. Parliamo ovviamente di un’altra epoca, il danese era arrivato a Bellinzona, proveniente dai Glasgow Rangers, a metà anni Sessanta. Aris, ventunenne, ha svolto le giovanili nel Bellinzona e in Italia nella U17-19 della Samp. In seguito ha avuto la possibilità di maturare a Chiasso (due parentesi in Challenge League). Gioca da difensore, lo staff crede ciecamente in lui.
Come va Aris? 
“Purtroppo ho dovuto saltare le prime due amichevoli (ha giocato nella terza giocatasi martedì col Bulle vinta 1-0, ndr) a causa di un piccolo problema. Adesso però sto bene, sono felice di ritornare a Bellinzona (la squadra arriverà in Ticino già sabato, ndr)”.
Contento di te stesso a livello di performance? 
“Direi di sì. Ho avuto qualche guaio fisico a fine andata: giocando contro l’Aarau mi sono procurato una distorsione al ginocchio. Ho tentato di riprendere subito col Vaduz ma per finire sono dovuto rimanere fuori nelle ultime due gare contro Neuchâtel e Stade Losanna”.
Vi presentate a Bellinzona con un bel biglietto da visita:
“In effetti siamo partiti in stagione con tanti buoni propositi. Forse non ci aspettavamo così tanto, non parlerei però di sorpresa. Naturalmente sarebbe bello tenere questo passo anche nel girone di ritorno. Ce la metteremo tutta, i conti li faremo alla fine”.
Diciamola ridendo, venite per vincere… 
“Beh, è importante iniziare con il piede giusto (Aris risponde seriamente, ndr)".
Come ti trovi a Yverdon? 
“Molto bene, l’ambiente è stimolante anche al di fuori dello stadio. Con i compagni vado molto d’accordo, c’è un bello spirito di gruppo, lo spogliatoio è compatto. I risultati arrivano anche da lì”.
Fino a quando sei legato da contratto? 
“Ho davanti ancora una stagione e mezzo. Sotto questo aspetto sono tranquillo, non ci sono problemi”.
Superati anche quelli linguistici? 
“Con il francese mi arrangiavo già un pochettino, ora ho avuto modo di migliorarlo. Non sono ancora al 100 per cento, ma me la cavo bene…”.
Un tuo ‘pensiero’ per il Chiasso? 
“Sono dispiaciuto per quanto è accaduto. Prima di tutto si tratta di una squadra ticinese, in secondo luogo perché ci ho giocato e ho fatto parte di quel meraviglioso gruppo con cui siamo riusciti a fare cose importanti. Ai miei ex compagni ho tenuto i pugni sino all’ultimo, sono davvero molto rammaricato”.