CALCIO
L'importanza del "titolare"
I bianconeri soffrono le assenze nel primo tempo: il Crus poi sistema la squadra
Pubblicato il 29.01.2023 09:36
di Silvano Pulga
 
Il successo planetario del calcio (piaccia o no a chi lo snobba) è principalmente dovuto alla sua semplicità: un campo, due porte, un pallone e undici contro undici che, quel pallone, tentano di infilarlo nelle porte sopra citate, durante novanta minuti, divisi in due tempi da quarantacinque. Però, semplicità e banalità, pur facendo rima, non vanno d’accordo in questo sport. Certo, la banalità viene spesso servita a piene mani: quante volte abbiamo sentito allenatori, in conferenza stampa, dire “Ho 15/18/20 titolari” a seconda delle profondità della rosa? Ecco, il Crus è persona schietta, semplice sotto certi aspetti, perché non fa giri di parole, ed è trasparente e genuino nelle sue emozioni, in campo e fuori. Però, non è mai banale. E, ieri sera, in conferenza stampa, ha detto chiaramente che sì, le sue riserve sono buoni giocatori, che contribuiscono a fargli venire dei dubbi in settimana. Però, i titolari gli garantiscono di giocare come preferisce, mentre con i rincalzi deve modificare qualcosa. 
Intendiamoci: saper cambiare le carte in tavola, magari con le squadre già in campo, è tanta roba. Oltre confine, nella vicina Penisola, i tifosi di squadre più blasonate si lamentano molto dell’immobilità tattica dei rispettivi tecnici a fronte di assenze di titolari chiave. Quindi, sapersi adattare, inventare nuovi meccanismi, avere piani B (e a volte C e D) è ottima cosa. Però, non sempre le cose funzionano come si vorrebbe, anche perché ci sono gli avversari: particolare semplice, ovvio, ma non banale. E ieri, nella prima frazione, mentre il Lugano cercava faticosamente nuovi equilibri, dopo l’uscita dal campo di Arigoni (si parla per lui di lussazione della spalla: oggi gli approfondimenti medici), il GCZ (che ha, in panchina, uno come Giorgio Contini, altro allenatore non banale) pressava i portatori di palla bianconeri, cercandoli nella loro metà campo, e metteva in difficoltà Sabbatini e compagni sulla fascia destra attraverso le incursioni di Carvalho, classe 2003, rapido e sgusciante, che ha preso in mezzo un paio di volte il nuovo entrato Espinoza. Bravo Amoura, in questa fase, a coprire in un paio di occasioni: ma l’algerino, già ammonito a inizio gara, si è trovato a rischio espulsione. Va detto che le Cavallette non sono mai riuscite a creare vere occasioni da rete, ma hanno però avuto il merito di capitalizzare l’unica vera opportunità da loro creata (forse in fuorigioco, vedendo le immagini?), nata da una palla ferma, dove i ticinesi (a causa dell’assenza di Mai: e si ritorna al ragionamento fatto sopra) avevano qualche problema. 
Logica quindi la scelta di toglierlo a metà partita, inserendo Aliseda, che ha avuto molti meno problemi di comunicazione con il compagno (anch’egli ex Chicago). Nella ripresa, il terzino nuovo arrivato ha alzato il livello, come tutta la squadra, che ha fatto arretrare gli zurighesi di una ventina di metri, anche se la spinta sulle fasce di Valenzuela e, appunto, Espinoza, pur dando apporto all’azione offensiva, fatalmente creava qualche buco nella retroguardia che, però, gli ospiti non sono mai stati in grado di sfruttare. Ma la sconfitta sarebbe stata una punizione troppo dura per i ragazzi di Mattia Croci Torti, che hanno invece trovato il pari nel finale, grazie a uno scambio nello stretto Aliseda/Celar, impreziosito perché fatto nonostante la densità nei sedici metri messa in opera dalla squadra di Contini. Certo, si vorrebbe sempre vincere: ma questa è, appunto, una banalità. 
In definitiva, fermo restando che, come fatto notare dal Crus a fine partita, ancora una volta i subentrati hanno fatto bene, si spera di recuperare presto i titolari, che garantiscono automatismi collaudati ed efficaci. Infatti, è oggettivo che i ticinesi, a questo giro, hanno giocato praticamente solo nella ripresa, dopo aver perso un tempo a cercare di riprendere in mano la matassa del gioco, davanti a un avversario molto mobile e aggressivo, che non li faceva ragionare. E, per avere ambizioni di classifica, come ha detto il tecnico di Vacallo a fine partita, devi giocare tutti i novanta minuti. Perché il calcio, appunto, è una cosa semplice, in fondo.
(Foto Putzu)