CALCIO
Davide contro Golia e... le competizioni che "pesano"
Non contano i titoli, conta cosa si vince: partendo proprio dalla Coppa Italia...
Pubblicato il 02.02.2023 08:30
di Silvano Pulga
La sconfitta casalinga della Roma, per mano della Cremonese, ha acceso gli entusiasmi di alcuni romantici che vivono nel mito del "calcio della gente". La piccola provinciale che abbatte, come Davide fece con Golia, la squadra della grande città metropolitana, oltretutto detentrice della Conference League, ha fatto pensare a qualcuno di essere ritornati ai tempi delle "sorprese", che poi sono il sale del calcio, l'unico sport di squadra, forse, dove una squadra più debole, dal punto di vista dei valori individuali medi, può superarne una più forte, sotto questo punto di vista.
In realtà noi, che abbiamo lo spirito dei guastafeste e abbiamo ormai perso, da tempo, il candore del tifoso, la vediamo sotto un altro punto di vista. Certo, la Cremonese era la stessa che aveva fatto fuori il Napoli nel turno precedente. Nonostante questo, Mourinho ha messo, nell'undici iniziale, due giovanissimi come Tahirovic e Volpato. Inutile poi inserire, nell'intervallo, 4 giocatori (tra i quali Dybala, tenuto inizialmente a riposo) e Abraham, dopo la sventurata autorete di Celik: il risultato è stato solo quello di ottenere il gol della bandiera da parte di Belotti, in pieno recupero.
La chiave della partita, a nostro parere? L'aspetto mentale. Lo abbiamo già scritto in altre occasioni: il calcio è fatto di piedi, di corsa ma, soprattutto, di cervello. E non si può pensare di mantenere il livello elevato, massimo, di concentrazione in tutte le partite, in tutte le competizioni. Lo Special ha provato, inserendo due ragazzini affamati, a dare una spinta a una squadra che aveva visto, probabilmente, non sufficientemente concentrata sull'impegno infrasettimanale. Tuttavia, se questo era il messaggio che voleva far passare, ne ha invece fatto recepire uno opposto: per vincere questa partite, basta schierare la primavera.
Diverso invece l'atteggiamento mentale dei lombardi i quali, dopo aver fatto fuori il Napoli, non aspettavano niente altro che battersi contro una grande che li prendeva sottogamba: e Ballardini avrà usato proprio la distinta delle formazioni, nello spogliatoio, per caricare i suoi. Il resto lo hanno fatto i giallorossi, con un primo tempo (e un inizio ripresa) imbarazzanti. Non sono bastati poi i titolari e una confusa prosecuzione di partita per raddrizzare la situazione: risultato, Cremonese in semifinale e giallorossi eliminati. In buona compagnia, tra l'altro, visto le vittime illustri di questa edizione della Coppa Italia.
E, forse, bisognerebbe, a questo punto, rimettere questa competizione nel posto che merita, che non è quello, per dire, della nostra Coppa svizzera, che ha (va detto) tutta un'altra tradizione e valori, come quello, nei primi turni, di giocare sul campo della squadra più debole. Concetto, questo, guardato con orrore oltreconfine, dove poi ti mostrano con orgoglio i dati televisivi: però "il calcio è della gente", facendo finta di non sapere che sarebbe una festa, per le piccole città di provincia, ospitare le grandi della serie maggiore. Mourinho (proprio lui) nella vicina Penisola ha creato il mito dello "Sero Tituli": un mito, appunto. Perché consente a qualcuno di contare le vittorie, anziché pesarle. In realtà, e lo ha dimostrato lui stesso ieri (ma lo aveva già fatto Spalletti qualche settimana fa), gli uomini di calcio, le partite, le pesano. E se proprio devono far rifiatare, soprattutto mentalmente, il gruppo, lo fanno in queste occasioni.
Dopodiché, sarebbe meglio vincere comunque, naturalmente: ma, a fine stagione, quando il tecnico toscano ex Roma e Inter festeggerà la vittoria che conta davvero, dello scivolone casalingo in Coppa Italia con la Cremonese non si ricorderà nessuno. 
Al contrario, ci sono altri i quali, invece, preparano meticolosamente queste partite perché si vuole (legittimamente, si capisce) arrivare in fondo a questa competizione, per poi provare a vendere, alla propria tifoseria, la narrazione di una stagione positiva. E se sono contenti loro, e soprattutto le loro tifoserie, lo saremo anche anche noi, si capisce: vedere la gente contenta ci mette sempre di buonumore, anche se non ne conosciamo o condividiamo le ragioni. Noi che, invece, rimaniamo ancorati ai vecchi precetti di nostro padre, il quale ci portava allo stadio quand'eravamo bambini. Evitando di farlo in occasione di partite della Coppa nazionale e anche di competizioni europee che non fossero la Coppa dei Campioni. Altri tempi, decisamente.