Il calcio, come la vita, è pieno di tempi morti, lo diceva
già Bonanza in Radiofreccia – anche se poi lo stesso Freccia lo mandava in quel
posto dicendo che non si capiva niente. È nei tempi morti della vita che cerchiamo
noi stessi, anche involontariamente. Sono stasi che aiutano ad annoiarsi e
riordinare le idee, servono anche come trucco per – appunto – prendere tempo,
nascondersi, lasciare che passi la tempesta.
Nel calcio, uguale. In mezzo a corse perdifiato, urti,
emozioni incontrollate, rimanere a terra serve a perdere e a prendere tempo. È
un atto scenico, tra l’altro perfettamente collocato in una partita che
null’altro è se non un teatro. Che è spettacolo, anche se ora vanno molto di
più i film con impossibili effetti digitali o le riduzioni a trailer di tutto
quanto. Ma la vita non è un trailer, il calcio non è un trailer, non puoi
fermarlo col cronometro e quando sei in pausa non far scorrere il tempo.
Provateci un po’, fermate il cronometro prima di addormentarvi e riavviatelo al
risveglio (vale anche fermarlo sul giorno quando non si ha niente da fare):
questo tempo fermo vi verrà aggiunto in punto di morte? Al novantesimo? E
questa scansione perfetta del tempo attivo, migliorerà la vostra prestazione, la
vostra vita? Attutirà la vostra voglia di lamentarsi, fingere, mentire per non
essere travolti e vinti?
Intanto che voi armeggiate col cronometro e calcolate quanto
tempo guadagnato aggiungerete, i vostri ragazzi, le vostre donne, i vostri
uomini saranno già andati su Netflix o su TikTok (o peggio), senza guardarvi.
In fondo, come dice Vasco, non siamo mica gli americani che loro vogliono
sparare agli indiani (e a un sacco di altra gente, ndr) e amano degli sport
francamente noiosi dal tanto si interrompono per spiegare o mangiare. Siamo
quello che siamo, noi genti continentalmente vecchie, amiamo il calcio e
l’imperfezione che lo anima, le finte, le cadute, le perdite di tempo, le
sceneggiate, il rimpiattino e il nascondino, l’astuzia, la fantasia. Che sono
modi profondamente umani per trovare l’arte, il gol, la vittoria, la bellezza.
Nel tritacarne del tempo effettivo lasciamo i consumatori e
gli indefessi, noi sognatori pigri vogliamo continuare con i trucchi per
riordinare le idee e fregare il tempo, già piuttosto tiranno di suo. E se
dobbiamo morire, meglio farlo al novantesimo più recuperi discrezionali, dopo
il gol di ginocchio in fuorigioco non visto. Oplà.