CALCIO
Sarà la gente a decidere il futuro del calcio
Superlega sì o no? Non conteranno soltanto gli aspetti politici e economici
Pubblicato il 11.02.2023 10:17
di Silvano Pulga
Si avvicina il verdetto della Corte di Giustizia europea, e le teste pensanti della A22 Sports ci riprovano. Perché non è solamente un problema giuridico lLa Superlega è coerente con la legislazione europea in materia di concorrenza?): la vera difficoltà, se l'iniziativa supererà le forche caudine dei tribunali di Bruxelles, sarà trovare la narrazione giusta per venderla alle tifoserie, e cioè ai clienti. Vale a dire colori i quali, in definitiva, i soldi veri dovranno tirarli fuori. Come sappiamo, infatti, nel 2022 saltò tutto per aria, soprattutto per le perplessità (se non la vera e propria opposisizione: ve lo ricordate lo slogan "Il calcio è della gente"?) dell'opinione pubblica tifosa. 
Non solo: l'allora premier britannico Boris Johnson fece un intervento piuttosto brusco sui club di Premier League coinvolti, per farli recedere dal progetto. Piaccia o no, infatti, esiste una geopolitica del pallone, che le società di punta del calcio inglese non conoscevano (o fingevano di non conoscere), riservandosi di reclamare (magari), in caso di ingerenze politiche (come accaduto puntualmente), il proprio diritto al profitto, sacro nel Paese che ha inventato il liberismo economico. In realtà, questa vicenda, come tante altre (molto più serie, ça va sans dire), ha semplicemente dimostrato il primato della geopolitica sull'economia (e non solo, aggiungiamo), con buona pace di economisti un tanto al chilo e sociologi da social: ma il discorso ci porterebbe troppo lontano.
Cosa prevede il nuovo progetto? Intelligentemente, i promotori, rispetto alla prima proposta, hanno allargato la competizione (si parla di 60/80 compagini partecipanti), e hanno posto i campionati nazionali al centro del progetto. Niente più membri permanenti, ingresso legato ai meriti sportivi; incassi redistribuiti a tutta la piramide, e non solo ai vertici;  maggiore solidarietà verticale, che dovrebbe garantire una più grande competitività ai tornei nazionali e regole finanziarie certe, in un momento nel quale, come abbiamo visto in questa ultima fase di mercato, alcuni club (per informazioni citofonare Chelsea) hanno fatto ciò che volevano.
Il format prevede 14 partite sicure, con tutto ciò che questo comporterebbe a livello economico. Certo, non è escluso che ci possano essere frizioni anche con la FIFA per il calendario intasato (come sappiamo, oltre agli impegni delle Nazionali, si parla con insistenza di un mondiale per club). Lo scontro si annuncia epocale e, per quanto riguarda le federazioni europee (e non solo) del calcio, sarà praticamente questione di vita o di morte: per la UEFA, un torneo che andasse a sovrapporsi alla Champions League segnerebbe, probabilmente, la fine di quest'ultima. E anche in Inghilterra iniziano a preoccuparsi: nonostante il loro scontato boicottaggio dell'iniziativa, il calo d'interesse dei grandi tornei continentali avrebbe ripercussioni pesanti anche per loro. In molti, oltre Manica, ricordano bene gli anni '80, con l'esclusione delle squadre inglesi dalle Coppe europee, dopo la tragedia di Bruxelles. C'è poi tutto l'aspetto legato ai mercati esteri: un torneo di questo tipo potrebbe diventare più appetibile della Premier League, e spostare gli equilibri. 
Ora, la parola va ai giudici comunitari i quali, come sappiamo, in un primo tempo avevano dato ragione al governo del calcio, e che emetteranno il verdetto in primavera. Come ricordiamo, la massima espressione del diritto europeo non aveva vietato, di massima, la nascita di un nuovo torneo, ma si era limitata (per così dire) ad affermare il principio secondo il quale, a questo punto, i club avrebbero dovuto decidere se stare da una parte o dall'altra, rinunciando così anche a partecipare ai campionati nazionali. Ovviamente, la UEFA tiene il punto: ne va della sua stessa sopravvivenza, come abbiamo già scritto sopra, tant'è vero che un primo tentativo di dialogo tra A22 Sports e Uefa è naufragato praticamente prima ancora di iniziare.
A noi, però, seguendo la vicenda, non possono che venirci in mente le parole di una celebre canzone di Francesco De Gregori, La Storia. Vi riproponiamo, per chi non la ricordasse, il passo che fa al caso nostro:
"(...)  E poi la gente, (perchè è la gente che fa la storia)quando si tratta di scegliere e di andare,te la ritrovi tutta con gli occhi aperti,che sanno benissimo cosa fare.Quelli che hanno letto milioni di librie quelli che non sanno nemmeno parlare,ed è per questo che la storia dà i brividi,perchè nessuno la può fermare. (...)"Perché, al di là dei giudici, dei progetti, dei regolamenti, sarà la gente a decidere. Quella che, la primavera scorsa, era scesa in piazza, inizialmente convinta da Ceferin e soci, che è poi la stessa che paga i biglietti, compra le magliette, guarda la televisione. Quella che si sta stufando di vedere il Chelsea, da solo, spendere come tutti i club europei messi assieme nel mercato di gennaio, o che vede il capitano della propria squadra andare via a parametro zero, convinto dai soldi che la dirigenza del suo club non potrà mai mettere sul piatto. E che, soprattutto, si sta rendendo conto che la propria squadra, di questo passo, oltre confine, avrà ben poco da dire. Ecco: sbaglierebbero, a Nyon, a dare proprio tutto per scontato.