Ecco qui di seguito alcune
delle frasi più significative pronunciate ieri sera a Fuorigioco dal patron
dell’AC Bellinzona Pablo Bentancur.
“Il bilancio generale a
Bellinzona è positivo. Siamo una squadra neopromossa, ma abbiamo costituito una
squadra per cercare di salire. Adesso ci rendiamo conto che sarà
difficile riuscirci quest’anno e per noi è stato un bello schiaffio, non lo
nego. Ma il nostro lavoro continuerà, dobbiamo adesso stabilizzarci in
Challenge League e quando saremo pronti proveremo a fare un ulteriore salto. Stiamo
facendo uno sforzo con la mia famiglia, perché senza presunzione, pensiamo di
essere dei vincenti. E vogliamo dimostrarlo anche qui”.
“Non sono stati anni facili,
anche perché per avere la maggioranza delle azioni del club abbiamo dovuto
lottare. Nessuno ci ha regalato nulla, abbiamo pagato tutto fino all’ultimo
centesimo. L’anno scorso è stata la prima stagione in cui eravamo a capo del
Bellinzona e siamo riusciti a centrare la promozione e riportare il club tra l’élite
del calcio svizzero, laddove merita di stare”.
“Non sono una persona
politicamente corretta e dico spesso quello che penso, ma quando dò un abbraccio è sincero. Per fortuna che in società c’è anche mio
figlio Pablito, che tra l’altro mi ha convinto a parlare di più con la stampa e
a realizzare questa intervista con voi. Mi scuso se l’abbiamo fatta per
telefono e non sono venuto in studio, ma sono fatto così, non mi piace troppo
apparire”.
“Ho sicuramente commesso
degli errori, anche nella costruzione della squadra. Ci sono troppi generali e
pochi soldati. Cosa significa? Credo che sia abbastanza facile da capire.
Adesso però chi vorrà restare a Bellinzona anche in futuro dovrà dimostrare di
voler lottare per questa maglia. Non ci saranno favoritismi, chi non accetta
quello che dice l’allenatore, può andare via anche subito. Abbiamo dovuto
separarci con Padula Lenna, che abbiamo girato allo Sciaffusa, perché non era d’accordo
con alcune scelte di Mister Maccoppi”.
“A Lugano era tutto più
facile anche perché avevo un partner come Renzetti, che si occupava dalla
comunicazione e conosceva bene l’ambiente. Il nostro era un buon binomio. Ora sto
cercando un partner anche per Bellinzona, un socio che mi possa dare una mano
per far crescere ulteriormente questo club. Le porte sono aperte e anche chi ci
critica, se vuole può venire a parlare con noi per proporre delle soluzioni. Io
e mio figlio siamo disposti a parlare con tutti”.
“Se è vero che c’è meno
pubblico del previsto e che una parte della frangia più giovane ci contesta, ci
sono però molte persone, soprattutto di una certa età, che mi ferma in città e mi
incita ad andare avanti. Queste sono cose che mi fanno molto piacere e mi
spronano a dare sempre di più. E poi c’è il club dei 100, che da 60 è passato a
110 soci, dimostrando grande attaccamento a questa società. Tutta gente che ci
invita a non mollare”.
“Sarebbe bello se ci fosse
più pubblico, è chiaro, però tra mille e duemila persone, a livello economico
non fa una grande differenze per le casse del club. Certo, se ce ne fossero seimila
sarebbe diverso. Ma per il momento non credo sia possibile aspirare a tanto,
anche perché la gioventù va sempre meno allo stadio. Noi però non ci faremo
influenzare dal numero degli spettatori, vogliamo andare avanti a fare il
nostro lavoro”.
“Come ho già detto ho
commesso degli errori e mi assumo la responsabilità della parte sportiva. La
politica di cambiare gli allenatori e mantenere lo staff non è stata vincente e
me ne sono reso conto. In futuro non sarà così. Lo abbiamo fatto per proteggere
i giocatori, a volte erano proprio loro a non andare d’accordo con gli
allenatori. Li abbiamo ascoltati, per certi versi pure viziati, ma d’ora in
avanti non ci sono più gli intoccabili. Purtroppo ho visto che ci sono
giocatori che danno tutto in campo e altri che non lo fanno. A fine stagione
tireremo il bilancio. Intanto Maccoppi può fare ciò che vuole, ha carta bianca
e non è detto che in futuro non possa essere lui l’allenatore del Bellinzona.
Vedremo…”.
“Come ho già detto, non sono
un grande comunicatore, è un ruolo che non mi piace tanto. Per fortuna che in
società c’è anche mio figlio e altra gente che lo sa fare meglio di me. Ci
manca ovviamente uno come Righetti, uno del posto, che ama il Bellinzona e che
avrebbe ancora tanta voglia di dare il suo apporto a questo club. Non è stato
bene e forse ci vorrà ancora un po’ di tempo prima di rivederlo coinvolto come
prima, ma è una persona che ci manca e a cui vogliamo tutti molto bene. Mi sono
arrabbiato con un giornale che ha scritto che siamo “un carnevale”: ho visto
della cattiveria che non mi piace. Si può criticare, ma sempre con educazione e
senza offendere”.
“I tifosi del Bellinzona
possono stare tranquilli, non faremo la fine del Chiasso. Anche a Lugano, dopo
la promozione, ero pronto ad andare avanti con l’aiuto di Raiola.
Renzetti però non ha voluto vendere e con il senno di poi ha fatto bene. Ha
portato il Lugano a grandi livelli. A differenza di Chiasso, dove i proprietari
hanno venduto a chi ha poi fatto morire il club, Renzetti dopo essersi accorto
del pericolo che correva con i brasiliani, è tornato subito in sella e ha venduto
a Mansueto. Anche noi, il giorno che ce ne andremo, lasceremo il club in
buone mani”.
“Non mi sono mai pentito di
aver preso il Bellinzona, nemmeno nei momenti più difficili. Bellinzona è una città
che ti fa sentire l’amore per il calcio, si avverte la giusta pressione che ti
fa lavorare con entusiasmo. E poi sono felice di poter lavorare con mio figlio:
è qualcosa di impagabile”.