CALCIO
Urti e contrasti a Lucerna
Anche la Super League ha un’anima nonostante il nome da intelligenza artificiale.
Pubblicato il 27.02.2023 09:40
di Giorgio Genetelli
Urti e contrasti a Lucerna, che non sarà Paura e delirio a Las Vegas, ma ha comunque il suo fascino. Partita e città raggelate d’improvviso da un vento che dal Polo ha scavalcato le zone di guerra e si è abbattuto qua, trascinando qualche granello di neve tagliente come vetro. Lo so, sembra un lamento, e invece è solo per dire che in campo i giocatori ne sono stati condizionati, sbagliando cose semplici, ma tante eh.
Le stazioni senza sensualità, che come il mare d’inverno sono un concetto che nessuno mai desidera, sembrano un austero vanto elvetico. Ma. Le shopville interrate sono fatte apposta per non concedere pause: non una panchina per sedersi a far niente, non un tavolino pubblico per mangiare in piedi ma appoggiando la triade da strada hotdog-kebap-pizza. Tu hai in mano l’ambaradan di carta tra bibita e senape e lo puoi appoggiare solo sul bordo dei contenitori per rifiuti (altra triade, plastica-tolla-cartaccia).
Ci sono sì alcuni tavolini, ma sono di baretti improponibili (triade: Sorento-Hülbeli-Espresso) a prezzi da cassa da morto. E allora stai lì, in piedi, a guardare gli altri disperati che passano fugaci e a scrutare l’orologio effeffes che, in attesa che tu sparisca verso lo stadio, non va mai avanti (ma se sei in ritardo corre come una moto e ti supera).
Sono Augeriani non-luoghi e per giunta inospitali, con correnti d’aria che neanche in stalla, dove almeno le vacche scaldano.
Alla partita, dunque. Intirizziti e insicuri nei gesti tecnici, i giocatori ci hanno allora dato dentro a spallate, irruvidendo anche i piedini di quelli come Mayer che di solito cantano e invece piangevano. Eppure, si è stati attratti. Una partita quasi d’altri tempi, come quando le primavere tardavano e gli inverni spaccavano le tubature.
Anche la Super League ha un’anima, sì, nonostante il nome da intelligenza artificiale.
Non si sa ce l’abbiano anche i turisti orientali che mangiano fondue all’aperto alle quattro e mezza del pomeriggio (di questo pomeriggio artico), intanto che il Kapelbrücke stralegnato si riscalda ai flash, ma di certo va premiato lo stoicismo, come quello dei giocatori allo stadio travolti da un insolito destino glaciale.