Scriveva
Lao Tzu: “La verità è paradossale”.
C'è
un miracolo sportivo visibile in Europa. Si aggira seminando dubbi. E
pone una speranza: è consentito fare un football sostenibile. È
possibile ottenere risultati pianificando. Si possono sfidare
autentiche potenze economiche attraverso le idee.
Giocando
a calcio e diventando uno spauracchio, specie se si è sottovalutati.
Tra
le otto migliori squadre della Coppa tra le grandi orecchie c'è con
pieno merito: il Benfica.
In
estate ha ceduto per quasi 100 milioni il suo attaccante Darwin Nunez
al Liverpool.
Durante
la sessione invernale si è privato per 121 milioni del suo
centrocampista Enzo Fernandez, lo ha prelevato il Chelsea.
Il
campo racconta che “le aquile” comandano saldamente il
Campionato. E in Champions procedono spediti: girone vinto davanti a
Psg e Juve e ora accesso ai quarti.
L'allenatore
dei portoghesi è un tedesco: Roger Schmidt, un ingegnere
meccanico.
L'ingegnere
è un costruttore. Vive di pratica . Deve fare calcoli precisi.
Rappresenta la stabilità. La creatività è secondaria. Conta il
progetto e il protocollo. E invece il
Benfica stupisce: squadra corta, l'organizzazione e la fantasia sono
in simbiosi.
L'artefice
fuori dal campo di questa gestione esemplare è Rui Costa.
Elegante centrocampista quando era sul terreno, stile impeccabile
come dirigente e tanta competenza. Da quando è entrato nel club ha
conquistato: sei campionati; sette Coppe di lega; quattro Supercoppe
portoghesi; due coppe nazionali.
Nessuna
società ha proposto una simile valorizzazione patrimoniale dei
propri calciatori. Lo schema è semplice: oculatezza nella scelta del
prospetto, crescita che avviene puntualmente e vendita a cifre
pazzesche.
Nunez
e Fernandez sono solo gli ultimi, ci sarebbero anche: Joao Felix;
Ederson; Di Maria.
E
lo Stadio Da Luz si diverte da anni con un calcio: mai speculare ma
sempre propositivo; mai banale ma sempre palpitante; mai normale ma
sempre esaltante.
E
in Europa? Purtroppo sulle aquile pende da tempo una maledizione.
“D'ora
in avanti il Benfica non vincerà più una coppa internazionale, per
almeno 100 anni”.
Furono
queste le parole pronunciate, nel 1962, dal grande allenatore
ungherese Béla Guttmann quando fu licenziato.
Da
allora si contano solo finali perse.
E
un sortilegio può essere più forte di un Psg qualsiasi.