Calcio
L'Italia all'assalto dell'Europa
Tre squadre italiane ai quarti di finale della Champions, non accadeva da 18 anni
Pubblicato il 16.03.2023 08:40
di Angelo Lungo
Fu vera gloria? Si chiedeva il poeta. Rimandando ai posteri “l'ardua sentenza”. Ma il calcio esige risposte immediate e giudizi quasi quotidiani.
L'esito degli ottavi della Champions è clamoroso: tra le otto migliori tre sono italiane.
Ergo si dovrebbe parlare di rinascita di un movimento, segnalato alle prese con un crisi sistemica.
Ma nella realtà non tutto è vero come appare.
Le istituzioni.
La Figc è un organismo anchilosato. La dirige, come un Don Abbondio ossia come vaso di coccio tra vasi di ferro, Gabriele Gravina. Il buon senso del padre di famiglia si concretizza in una totale mancanza di coraggio. La sua azione programmatica è chiara: non decidere e attendere. E si trova alle prese con il caso scottante che vede coinvolta la Juventus. Tace per non disturbare. Nessuna parola di responsabilità.
Si dovrebbe impostare una riforma della giustizia sportiva; si dovrebbe discutere come controllare in maniera seria i bilanci delle società; si dovrebbe ripensare radicalmente il settore giovanile.
L'orizzonte dovrebbe essere quello della trasparenza e del rinnovamento.
La Lega è una somma di interessi individuali che non convergono mai. Le alleanze si costruiscono e si disfano continuamente. Trionfa “il particulare”, elaborare un programma condiviso è pura illusione.
In Lega la rivalità del campo dei club è potenziata.
L'ultimo terreno di scontro è quello che riguarda i diritti Tv.
Il campo.
Il momentaneo successo europeo appartiene unicamente ai club. E non manifesta nessuna catarsi. Solo per il Napoli si può parlare di progettualità, dove una dirigenza applica un piano preciso e che attualmente funziona magnificamente. Ma la sensazione è che non è destinato a durare. Per quanto tempo si riuscirà a trattenere Osimhen e Kvaratskhelia?
Inter e Milan sono squadre in “cerca d'autore”. L'identità fluttua. Hanno proprietà dai limitati mezzi finanziari e che propagandano ambizioni.
La Serie A rimane un campionato di retroguardia. Nessuna novità tattica rilevante, esprime un gioco sincopato, dove regna lo schema della “speculazione”. Giovani talenti italiani non ce ne sono e se ci sono non vengono schierati: in ogni giornata del torneo scendono in campo solo il 30% di giocatori autoctoni. Gli stranieri più forti si ritengono di passaggio.
Forse aveva ragione lo statista che sosteneva: “Il successo non è definitivo, il fallimento non è fatale: ciò che conta davvero è il coraggio di andare avanti”.