È
la più grande rivelazione della stagione del calcio europeo. Gioca
in Serie A. Il suo nome è difficile da pronunciare ed è
complicatissimo da scrivere. Sta letteralmente trascinando la sua
squadra in campionato e in coppa. È immarcabile. Si aggira come
un'autentica minaccia per le difese. I suoi movimenti sono
all'apparenza estemporanei. Sono una simbiosi tra istinto ed
estetica. Le sue finte lo rendono imprevedibile: confondono gli
avversari; esaltano lo spettatore. Caracolla con eleganza. Segna e
fornisce assist. È uno dei migliori giocatori al mondo.
Il
suo nome è Khvicha Kvaratskhelia.
È
uno degli affari del secolo. Il Napoli lo ha comprato dal Rubin Kazan
per 11 milioni di euro.
Capello
scompigliato e leggermente lungo. Barba incolta. Viso quasi niveo.
Calzettoni abbassati. Gambe lunghe. Sguardo esistenzialista. Un
ribelle silenzioso. Sembra un calciatore degli anni Sessanta. Non lo
tenta la costruzione dell'immagine come fanno i suoi colleghi. La
società dello spettacolo non pare interessargli.
Vive
per un gesto: il dribbling.
Ha
iniziato così. Una piccola ossessione. Ha cominciato da piccolo e
non ha più smesso. Secondo Guardiola il dribbling è “un trucco”.
Saltare
l'uomo, lasciarlo sul posto e puntare l'area.
Kvaratskhelia
ha la capacità tecnica di dribblare nello stretto, ha la velocità e
la rapidità di allungarsi, per il momento il suo cambio di direzione
è letale. Scappa felice, domando il pallone e lo spazio. Batte il
tempo a modo suo. E il difensore deve sempre rincorrere e quasi
sempre arranca.
Il repertorio del
georgiano è completo: cambi di passo; cambi di ritmo; accelerazioni; equilibrio.
È
uno stile lineare, privo di orpelli. Tutto è fluido. Tutto scorre
nella direzione dell'imprevedibilità.
Il
ragazzo è sicuro e non ha paura: “Tutto ciò che studieranno non
servirà a fermarmi”.
Ma
le sue doti individuali sono messe al servizio della squadra. Hanno
una funzionalità. È inserito alla perfezione nel sistema Napoli
costruito da Spalletti: lo esalta; lo migliora; lo rende pericoloso e
bello da vedere.
Scrive
Eduardo Galeano a proposito del dribblatore: “Il pallone ride
raggiante nell'aria. Lui lo mette a terra, lo addormenta, lo
corteggia, lo fa danzare”.