CALCIO
Nessuno meritava di vincere
Pari giusto tra Lugano e Servette: le mosse del Crus pagano... a metà
Pubblicato il 20.03.2023 09:18
di Silvano Pulga
La sintesi migliore della partita di ieri l’ha regalata Omar Gargantini della RSI in sala stampa, dopo il fischio fonale: nessuno meritava di vincere. E, nonostante a scuola ci abbiano insegnato che cambiando l’ordine degli addendi il risultato non cambia, questa frase ha un significato molto differente del dire che nessuno meritava di perdere, anche se l’esito è uguale.
Le due squadre hanno giocato in un modo tutto sommato speculare: Geiger conosce il Lugano, fatica sempre a venirne a capo; tuttavia, questa volta, a differenza di altre occasioni, con avversari diversi, lo ha spesso aspettato facendo rimanere i suoi dietro la linea della palla corti, compatti e aggressivi, ma pronti a ripartire, in velocità, puntando la porta. 
Noi ci siamo annotati un nome: Theo Magnin, classe 2003, numero 20 di maglia, come i suoi anni. Lo abbiamo visto in difficoltà una volta sola, nella ripresa, quando a un certo punto si è perso Aliseda sulla fascia di competenza. Per il resto, corsa ma, soprattutto, una bella intelligenza tattica, che lo ha visto spesso leggere correttamente le trame offensive bianconere, recuperare palla e poi proporsi in avanti per la ripartenza dei suoi. Ai quali, però, come in altre occasioni, è mancata concretezza nei sedici metri avversari: giustamente il Crus, a fine partita, faceva notare che non ricordava parate di rilievo da parte di Osigwe. Tutto questo nonostante una difesa, per i ticinesi, ancora una volta, da reinventare, con Mai tenuto prudenzialmente in panchina per il riacutizzarsi di un vecchio malanno, e Daprelà sostituito dopo mezz’ora di partita, vittima di un colpo alla testa nei primi minuti di gioco. 
Lo abbiamo scritto spesso, in stagione: i 16/18 titolari sono una narrazione. I titolari nella testa del Crus sono 11, fermo restando che chi subentra, a partita in corso, è importante come chi esce (e ieri, l’ingresso di Amoura è stato decisivo, visto che dal suo piede è partito l’assist per Celar, che ha segnato il gol del meritato pareggio, oltre a essere stato protagonista di diverse iniziative importanti). Però, in una partita dov’era importante ripartire in modo efficace, la qualità di Bottani, di Mahou e di Steffen in mezzo al campo, di Mai nell’impostare l’azione dal basso, non la puoi regalare agli avversari. Tante volte i ticinesi hanno perso dei palloni in fase di ripartenza, anche per la disposizione intelligente degli ospiti, che hanno gestito la gara nel massimo rispetto dell’avversario, che sarà anche l’ultimo ostacolo per loro nella strada che porta a Berna, come sappiamo. Ma di questo ne parleremo più avanti. Sicuramente, sarebbero servite ieri qualità e invenzioni: ma non si possono chiedere a tutti, fermo restando che Aliseda ha offerto ancora una volta una buona prova, dimostrandosi uno che non ha paura dei duelli individuali. L’argentino è in fiducia, è una carta in più, e ha anche cercato la soluzione personale, fallendola per pochi centimetri. Ma è un segnale di ottima salute. 
Però, quando hai di fronte la seconda forza del campionato, che ieri ha legittimato in pieno la propria classifica, serve, appunto, alzare il livello: velocità, fantasia. L’ingresso di Amoura, come scrivevamo sopra, ha dato qualcosa in tal senso, ma ha anche fatto perdere un po' di equilibrio dietro, finendo per pagarlo, con quella palla, in occasione del gol del vantaggio granata, che ha ballato in area luganese per secondi lunghissimi, senza che nessun bianconero arrivasse a spazzarla via, per poi finire in fondo al sacco grazie a Valls. Ma il calcio, in fondo, è semplice: se non puoi vincere, non devi perdere. E ieri, la consegna è stata rispettata. Non era così scontato: nel recupero, sempre Amoura per il Lugano e Miroslav Stevanović per i ginevrini hanno avuto la palla vincente, ma non l’hanno sfruttata. Bene così: perché nessuno meritava di vincere. Che è diverso dal dire che nessuno meritava, invece, di perdere.