Antonio Conte non è
certo uno che si trattiene quando ha qualcosa da dire. Più volte nella sua
carriera da allenatore abbiamo assistito a interviste al limite, sia con i club
sia al tempo della Nazionale. Si può però trovare un punto in comune a tutte
queste esternazioni fatte in questi anni: se vince il merito è soprattutto suo,
se perde la colpa è dei giocatori o della società per cui allena.
L’ultima conferenza stampa
post pareggio contro il Southampton, club ultimo in Premier, è un’immagine già
vista. Presentatosi piuttosto inferocito alla conferenza stampa, ha attaccato
direttamente i calciatori e la loro professionalità. “In campo vedo solo 11
giocatori che giocano per loro stessi – ha detto Conte -. Devono sapersi
prendere la responsabilità, per me questo atteggiamento è inaccettabile ed è la
prima volta che mi capita. Qui sono tutti spaventati ed è il momento di far
uscire la verità”. Terminato l’attacco ai giocatori, ecco quello diretto alla
società: “Il club deve prendersi le sue responsabilità quando sbaglia il
mercato. Manca la mentalità qui. Possono continuare a cambiare allenatori, ma
la situazione non cambierà”.
Scene che riportano
alla mente l’addio improvviso alla Juventus prima e la scelta di separarsi
dall’Inter poi.
A Torino, dopo la vittoria
del terzo Scudetto consecutivo, usò la metafora del ristorante da 100 euro con
soli 10 euro in tasca. In pratica, chiedeva alla società rinforzi per poter
reggere il ritmo delle big europee e poter fare meglio dell’uscita ai gironi di
Champions contro il Galatasaray. Visto che nei primi giorni di ritiro i
calciatori richiesti non arrivarono, decise di separarsi dalla Juve
abbandonando la squadra nel bel mezzo della preparazione. Lo sostituì Allegri,
che anche senza i 100 euro arrivò in finale di Champions League al primo
tentativo.
Più recente è invece lo
scontro con l’Inter: Conte non passò per due anni consecutivi i gironi di
Champions e la colpa fu attribuita a Barella e Sensi che “un anno fa giocavano
a Cagliari e Sassuolo”. A fine campionato, invece, dopo il secondo posto alle
spalle della Juventus arrivò l’attacco diretto alla società: “Non è stato
riconosciuto il mio lavoro, penso che fuori dal campo ci sia tanto da
migliorare. Pensavo ci fosse più protezione per me e per i ragazzi, invece si è
troppo deboli”.
Il Tottenham gli dà
17 milioni netti all’anno e dal suo arrivo a Londra ha speso oltre 160 milioni
di euro nelle varie sessioni di mercato. 60 milioni per il solo Richarlison,
anche lui pesantemente criticato davanti alle telecamere dopo l’eliminazione
dalla Champions.
Se è vero che – come
dice Conte - il Tottenham non vince nulla da 20 anni, è altrettanto vero che
col suo arrivo in panchina non è cambiato nulla. E il patron Levy, da quanto
circola, pare sempre più orientato all’esonero.