CALCIO
La sparizione del Ticino
I giocatori ticinesi in Nazionale che fine hanno fatto?
Pubblicato il 23.03.2023 10:30
di Giorgio Genetelli
Va detto, come cappello, che il sogno è un mondo senza confini, senza nazioni e quindi senza nazionali di calcio che le rappresentano in mutande e reggiseno (quello sotto la maglietta per rilevare i dati del macchinario-calciatore). A postilla, le squadre dovrebbero stare assieme per valori dello spirito, non per denaro e appartenenza forzata, spesso svogliata, quasi sempre avida.
Okay, detto questo, giù tutti in ginocchio davanti alla realtà di inni e bandiere, in nome delle quali si scatenano diatribe ideologiche da bettola. Okay. Allora ci chiediamo, in nome del campanile: i ticinesi in Nazionale che fine hanno fatto? Siamo rimasti a Bottani, una mezzoretta in campo a 30 anni, e più indietro a Gavranovic, ritiratosi dal rossocrociato.
Del resto, Lugano e Bellinzona contano cinque titolari ticinesi, quattro piuttosto attempati per il calcio e uno di prospettiva ma non ancora maturato: Mihailovic, Tosetti e Berardi in granata; Arigoni in bianconero, oltre allo stesso Cristallodiboemia Bottani. Sparsi qua e là nella Confederazione ci sono Marchesano, Morandi, Guidotti, Muci (in Challenge) e qualche carneade magari sfugge, anche all’estero. Molti di loro hanno già dato e non daranno più, altri la maglia della Nazionale non l’hanno mai vista, un paio forse godranno di una chance che per adesso non è all’orizzonte.
Abbiamo sì una corposa delegazione dirigenziale (Tami, Cavin, Foletti), ma è una aggravante: se nemmeno loro riescono a scovare un ticinese da aggregare a Yakin, chi lo dovrebbe fare?
Il Team Ticino? Per ora brilla in negativo per la lotta di potere tra Lugano e Bellinzona alla caccia di poltrone alle quali avvitarsi, nella brama di poter decidere e dirimere non si sa bene cosa (ce lo diranno con parole semplici, un giorno?).
Quindi, contro i temibili bielorussi e israeliani, spazio a convocazioni di neofiti e promesse. Ma di ticinesi nemmeno l’ombra. Logico, stante quanto sopra.
Forse è meglio non pensarci più e tornare a giocare nei prati e nelle piazze con un senso d’appartenenza vero e spazio per chiunque.