CALCIO
Italia, manca un progetto?
Azzurri battuti nella prima partita delle qualificazioni europee dall'Inghilterra
Pubblicato il 24.03.2023 10:48
di Silvano Pulga
Il calcio, si sa, è un gioco semplice: e questa, quasi sicuramente, è la chiave del suo successo planetario. Talmente semplice, dice qualcuno, che è un attimo banalizzarlo: ma questa è un'altra storia. Scrivendo d'altro, nei giorni scorsi, avevamo introdotto il discorso legato al momento di crisi della Nazionale italiana, iniziato dopo la vittoria (tutto sommato a sorpresa) degli Europei, certificato dall'esclusione dai campionati del Mondo dello scorso autunno/inverno, che veniva però dopo la precedente, per mano della Svezia, datata 2018: di fatto, oltreconfine, ci sono dei bambini (ormai praticamente alle soglie dell'adolescenza...) che non hanno mai visto una partita degli Azzurri nella fase finale dei Mondiali, con tutto il corollario di festa, di schermi giganti, cortei con bandiere eccetera. Certo, nella vita c'è di peggio, ovviamente: però noi, per fare un esempio, a cinque anni avevamo già vissuto la vigilia di una finale mondiale, seppure trasmessa in bianco e nero e disputata oltreoceano.
Nella narrazione calcistica, a un tonfo, per una squadra di grande tradizione, succede una rifondazione. Quello che la narrazione non dice è che lucidare il blasone non basta: servono politiche di sviluppo, serve un movimento in grado di crescere: per informazioni, citofonare Germania. In questi giorni, per dire, è uscita una polemica sui diritti televisivi delle partite degli Azzurrini della U21la RAI ha deciso di offrire una cifra molto bassa, il 50% di quanto pagato in precedenza, e la vulgata racconta che i funzionari della delegazione trattante per la televisione di Stato della vicina Penisola abbiano detto, all'attonita controparte, che un rifiuto da parte loro, dell'offerta, sarebbe stata vissuta come la liberazione da un peso. 
Evidentemente, l'azienda non crede nel calcio giovanile a livello di nazionale. Per quello di club, che pure dovrebbe essere una fucina di talenti, e una finestra sul futuro, se ne occupa solo, con professionalità, l'emittente privata Sportitalia. Su questo argomento si era espresso, di recente, anche Gennaro Gattuso, indimenticato giocatore e allenatore del Milan, che avevamo già citato di recente. Il leggendario Ringhio della squadra rossonera campione euromondiale con Ancelotti aveva lanciato un grido d'allarme sulla scarsa presenza di giocatori italiani nelle formazioni Primavera. Certo, a livello di società è un problema sino a un certo punto: gli italiani sono minoranza anche in Prima squadra. Ma a livello di nazionale, la cosa inizia a farsi sentire, in modo pesante. E la partita di ieri sera, a Napoli, contro l'Inghilterra, è stata la dimostrazione del teorema enunciato dall'ex tecnico di Milan e Napoli, attualmente in attesa di panchina.
Certo, nella prestazione di ieri degli uomini di Mancini c'è anche un aspetto mentale. Gran parte dei titolari nella formazione iniziale facevano parte di quelli che, gli inglesi, li avevano sfidati a Wembley nella famosa finale degli Europei. Dal momento che non crediamo che si possa disimparare a giocare a calcio, appare evidente che ci sia un problema su altri livelli. In ogni caso, le carenze in attacco c'erano allora e si stanno palesando, in maniera ancora più evidente, oggi. Aggiungiamoci che gli inglesi sono scesi in campo evidentemente più determinati, ed ecco confezionato un primo tempo francamente da incubo, per i tifosi d'oltre confine.
La ripresa è stata un po' meglio, con i britannici che, a un certo punto, hanno iniziato a preoccuparsi: la cosiddetta sindrome tennistica del braccino, probabilmente. Troppo agevoli i primi 45' per loro, troppi fantasmi ancora in circolazione nella testa di Kane e soci, che hanno dovuto arroventare anche i bulloni nel finale, per reggere a un assedio intenso ma, tutto sommato, poco concreto. Alla fine, il risultato ha costretto gli esperti di statistica a mobilitarsi, per scoprire da quanto tempo l'Italia non veniva sconfitta in casa in una partita d'esordio di un girone di qualificazione europeo: sembra esistesse ancora la Lira, e si guardassero con curiosità quelli che avevano il telefono in macchina. 
L'atteso Mateo Retegui ha scritto il proprio nome sul tabellino, e non ha segnato una rete banale, tutto sommato: bella la trama offensiva azzurra, bravo lui a farsi trovare smarcato sulla destra e a battere il portiere avversario con un destro sul secondo palo, dopo averlo fatto sedere con una finta. Anche Gnonto, ben conosciuto dagli appassionati svizzeri, ha fatto bene sulla fascia di competenza quando è subentrato, muovendosi parecchio e cercando con personalità i duelli individuali: l'esperienza in Inghilterra lo sta facendo crescere. 
Tuttavia, la sensazione è che manchi un progetto chiaro, un cammino segnato, e che vi sia poco di concreto nelle nuove generazioni, anche se i risultati nelle Coppe del calcio d'oltre confine sono i migliori da diversi anni a questa parte, come scrivevamo pochi giorni fa. Ma il calcio, dicevamo all'inizio, è roba semplice e, al fischio finale, non abbiamo potuto che pensare, con nostalgia, a nostro padre, grande appassioonato di Pedata,  e che ci ha insegnato ad amarla. Progettista nel campo dell'automotive, amico di Forghieri, univa la fantasia, necessaria nel ruolo, al pragmatismo, anch'esso indispensabile quando si deve ragionare nel campo della produzione industriale su larga scala. Ecco, parlando di Mateo Retegui, attaccante esordiente ieri sera in Nazionale, titolare in una squadra di bassa seconda fascia del campinato argentino, non avrebbe potuto che farci notare che se un giocatore, a 23 anni, nell'epoca della globalizzazione e di Wyscout, gioca ancora nel  Club Atlético Tigre di Victoria, nel dipartimento San Fernando, in Argentina, evidentemente è un buon giocatore, ma non un fuoriclasse. Questo, per il pragmatismo. Poi, per gli aspetti legati ai sogni, e per chi ha voglia di lucidare lo stellone, avanti che c'è ancora posto.