C’è un ragazzo, per dirla alla
Morandi, che come me giocava al calcio. Ma meglio, e soprattutto lo
fa ancora. Si chiama Antonio, è un emigrante al quadrato, e anche se
lui è nato a Bellinzona i suoi erano arrivati dall’Italia in cerca
di un mondo migliore. Antonio, già grandicello, ha poi lasciato
Bellinzona e la sua squadra andata in frantumi e adesso gioca a
Zurigo. Ormai è un uomo e lo dimostra ogni maledetta domenica virale
mettendo dentro gol, dieci quest’anno, e regalando passaggi dorati,
quattro. Anche in una sera complicata come quella di giovedì, quando
la sua squadra faticava a superare la metà campo, ha segnato la rete
della speranza a una decina di minuti dalla fine. Gioiello nel fango:
il suo Zurigo ha perso lo stesso, troppo forte il Lucerna. Però
Antonio si è battuto su ogni pallone, difendendo e sporcandosi la
maglia come un gregario qualunque. Si è preso anche un cartellino
giallo nel tentativo di recuperare in scivolata un pallone buttato
alle ortiche da un compagno. Si è sbracciato come un vigile per
suggerire smarcamenti e impegno. Ha perfino imprecato in italiano,
dentro un mondo tutto teutonico. Lui, che è piccolo di statura e
pure magrolino, sembrava un gigante nella tempesta.
Nella foto a corredo si vede lo stadio,
il mitologico Letzigrund che ha perfino surclassato il Panathinaikos
nelle gare antiche di atletica, ma ora no, sembra uno scheletro
biancheggiante al sole di questo deserto. Uno stadio con molte luci a
illuminarne il vuoto e l’eco dei passi confinati fuori, con i pochi
tifosi arrampicati su casse di birra e che guardano dentro, oltre la
staccionata in ferro, per sentirsi meno soli e magari per dire ai
giocatori che qualcuno c’è ancora, oltre il buio e la siepe. Luci
sfarzose come per un delirio di passioni e popolo, luci quasi
inutili. Che poi la vera luce della piovosa serata zurighese è stato
proprio Antonio. Lui è sembrato battersi contro i mulini a vento,
come il Chisciotte, e contro avversario più grandi e più robusti,
senza riuscire a sconfiggerli ma andandoci vicino, tutto solo e
indomito. Come fa sempre, del resto.