“Abbiamo
sognato un sogno”. Anni Sessanta: due ragazzi, reduci da un concerto, decisero di
formare una band. Si chiamavano Syd e Roger. Una
visione, una passione fu così che nacquero i Pink Floyd.
Rogers
Waters si è esibito sabato sera a Milano. Un palco a
forma di croce. Una serie di messaggi ha scandito l'inizio. E poi il
pubblico è stato avvertito: "Prendete posto, signori e signore. Lo
spettacolo sta per cominciare. Prima però due annunci. Anzitutto, in
segno di rispetto di chi vi è vicino, spegnete per favore i telefoni
cellulari. Poi, se siete fra quelli che amano i Pink Floyd, ma
non reggono le prese di posizioni politiche di Roger, potete
andarvene a fare in c... al bar. Grazie”. La
prima canzone è una versione apocalittica di “Comfortably
Numb”. La musica, le immagini riportano un'umanità in pieno
marasma dispotico. È l'umano duale: capace di suonare, dipingere,
scrivere e scolpire; capace di distruggere, in maniera atroce, il suo
simile. È il lato oscuro del potere: ottunde le menti, vessa gli
individui. Lo strumento subdolo utilizzato per convincere è quello della
propaganda, l'arma adoperata è quella della guerra. L'artista chiarisce perentoriamente la cifra etica ed
estetica della sua versione. A
esaltare la platea ecco “Another Brick in The Wall”. La
musica e le parole prendono, inesorabilmente, il sopravvento e Waters
comincia a girare, si rende visibile: capelli bianchi e vestito
completamente di nero. Canzoni
sue, canzoni del gruppo si alternano. Da brividi “Wish You Were
Here” eseguita all'unisono da Waters e dal suo pubblico.
L'atmosfera è creata: niente deve sfuggire, è un evento unico e
irripetibile. Il bassista ha quasi 80 anni, questo dovrebbe
essere il suo ultimo tour. Ma poco importa, conta Esserci. Tra pecore
e maiali che volavano, protagonisti di Animals, è arrivato
sulla scena il dittatore Pink:
Waters con il classico cappotto nero e occhiali scuri e via
una sventagliata di colpi di mitra sulle persone. Struggente e catartico il finale:
sulle note di “Outside the Wall”, la band suonando con
fisarmonica, clarinetto e altri strumenti, in fila ha abbandonato il palco e si è
diretta verso i camerini, seguita da una telecamera.
Roger
Waters è un artista visivo e divisivo. È imperterrito, non si
vuole fermare, intende ancora comunicare al pubblico le sue idee. Non
è un irrisolto. Ha una forza potente che lo spinge. È un coerente,
si è evoluto: il suo pensiero sfida il tempo presente dominante e non teme di
contestare le sue nefandezze e degenerazioni. Non propone resistenza ma reazione.
È
un poeta e questo basta a designare la sua grandezza.
(foto scattata da David Lungo dal vivo)