Calcio
Torneo di Bellinzona, una magia senza tempo
Ricordi nostalgici di un giovane vecchio cronista
Pubblicato il 08.04.2023 16:43
di Carlo Scolozzi
C'era una volta il Torneo di Bellinzona e per fortuna di noi romantici c'è ancora. Sì, perché questa manifestazione è permeata di una magia senza tempo, come titolava un mio vecchio albo di Zagor, ormai dalle pagine ingiallite e stropicciate. Dall'alto, o dal basso, dei miei 44 anni, permettetemi cari lettori di fare un tuffo nel passato, rovistando tra i ricordi che mi legano indissolubilmente alla competizione nata all'ombra dei Castelli e tuttora viva. Mi sembra ancora di intravvedere quei momenti, coi contorni sfumati degni del Robert De Niro trasognato nella fumeria d'oppio di "C'era una volta in America". Ricordo ancora quella giovanile allegria, che trasudava da Bodio a Chiasso (dal momento che il Torneo, si sa, non si gioca solo nella Capitale) mentre il rumore della carta delle uova di Pasqua che si lacerava sotto le mani di eccitati bambini faceva da pittoresco e metaforico sottofondo. I loro occhi sgranati tipo Schillaci a Italia '90 erano i nostri, quelli di giornalisti alle prime armi che venivamo spediti a farci le ossa sui campetti di provincia. Per questo devo ringraziare l'allora caporedattore dello sport del Corriere del Ticino Tarcisio Bullo e l'attuale direttore dell'Eco dello sport Luca Sciarini: ho potuto crescere vergando le gesta dei campioni di domani o presunti tali. Ho respirato quell'aria magica, che ha corroborato i miei polmoni calcistici e incontrato e intervistato gente che da piccolo, assieme a mio fratello, appiccicavo sull'album delle figurine. Penso allo stopperone del miracoloso Verona campione d'Italia nel 1985, al secolo Silvano Fontolan. Ho potuto narrare le gesta del Paris-Saint Germain baby (mica quello degli sceicchi) che si regalò undici metri di felicità contro l'Inter o del mitico River Plate che schiantò in finale una promettente Reggina, annegandola in un fiume di gioia. Poi sono arrivati i botti nostrani, rappresentati dagli exploit del Team Ticino: io nel frattempo ero ormai diventato un redattore dirottato sui dorati campi dell'alta Challenge League e della Super. Mi ero fatto giornalisticamente grande, insomma, ma ho continuato a seguire da lontano, diciamo così, il Torneo e le sue gesta, che ne fanno quasi una versione moderna della commedia dell'arte, sempre in chiave calcistica. La sua magia mi perseguita simpaticamente anche oggi. Proprio l'altro giorno, mentre ero in tutt'altre faccende affaccendato, ho infatti realizzato che eravamo ormai giunti a Pasqua e ho sentito qualcosa nell'occhio: mi era entrato un ricordo. Bellissimo e al tempo stesso struggente. E ho ripensato a quando scarrozzavo l'amico e collega Mauro Antonini per le strade del Cantone, con la mia auto sgangherata, dribblando metaforici conigli di cioccolata. Torneo di Bellinzona, chiamami inguaribile romantico, ma ti ho tanto amato e ti amo tuttora, oh straordinaria fabbrica di emozioni.