Quando
si corre si fa fatica, si respira, si vive. Il gesto è istintivo,
rappresenta un'idea esagerata di libertà. La corsa è democratica: i
podisti si incontrano e comunicano. Chi corre ha un legame
particolare con la terra. Non importa da dove si è partiti e nemmeno
dove si deve arrivare, non importa il percorso, importa solo:
infilare un passo dopo l'altro. Si entra in una dimensione: in
contatto con il proprio “io". Ci si concentra sul movimento,
il respiro parla, il battito del cuore è un palpito, gli occhi
scrutano l'orizzonte. Il podista è impegnato sempre in una gara
quella: con e per se stesso.
Fu
il filologo francese Michel Bréal che ebbe l'idea di organizzare una
corsa lunga che ricordasse l'impresa di Fidippide e nacque la
maratona. Nel 1896 si tennero ad Atene le prime Olimpiadi moderne,
la prima maratona fu corsa, il 10 aprile, sulla distanza dei 40 km
ossia quella che separava la città di Maratona dalla capitale greca.
Solo successivamente, nel 1921, la lunghezza fu fissata a 42
chilometri e 195 metri.
Vinse
Louis Spiridon, un greco entrato di diritto nella storia. Si
iscrissero alla competizione in 25, ma solo 17 parteciparono
effettivamente, 13 erano i padroni di casa e 4 provenivano da altri
paesi. Il greco aveva solo 23 anni e indossava le scarpe che gli
avevano regalato i suoi compaesani. Il percorso prevedeva la partenza
da Maratona e l'arrivo nello stadio di Atene. Il suo arrivo scatenò
un incredibile entusiasmo, i reali entrarono in pista per
accompagnarlo idealmente sul traguardo, concluse la sua fatica con il
tempo di 2 ore 58 minuti e 25 secondi. Le informazioni su Spiridon
furono riportate dal podista italiano Carlo Airoldi. Il varesino si
recò a piedi da Milano ad Atene, non avendo i soldi per sostenere la
trasferta, ma non poté gareggiare, poiché fu accusato di essere un
professionista. Era un operaio, figlio di contadini, e il suo viaggio
durò più di un mese.
Scrive
il poeta Eugenio Montale: “Amo l’atletica perché è poesia. Se
la notte sogno, sogno di essere un maratoneta”.