CALCIO
"Portiamo in campo una storia importante"
Chiacchierata a 360° con Sandro Reclari, viceallenatore dello straripante Mendrisio
Pubblicato il 12.04.2023 08:10
di Carlo Scolozzi
Scorrendo le zone altissime della classifica del Gruppo 4 di Seconda Interregionale si potrebbe ripensare a quel vecchio titolo della Gazzetta dello Sport ("Li hai distrutti") dedicato all'Inter dei record o alla marcia trionfale dell'attuale Napoli di Spalletti. O, perché no, c'è il rischio di venir colpiti dalla sindrome di Stendhal, quella che si manifesta alla vista di un quadro particolarmente coinvolgente. Ebbene, cari lettori, il +9 sullo Zugo 94 e addirittura il +18 sul Collina d'Oro cosa sono se non un'autentica opera d'arte? Essa è firmata da un pittore contemporaneo, della corrente realista, si chiama Amedeo Stefani e la sua creatura è il lanciatissimo Mendrisio, ormai a un passo dalla promozione in Prima Classic. Un approdo, questo, minimo per un club dalla gloriosa storia come quello bianconerorosso. Alzi la mano, infatti, chi non ricorda l'ambiziosa compagine momò targata dall'accoppiata Zanotta-Vanoli, che concorreva regolarmente per qualificarsi alle finali che portavano in Challenge League. D'accordo, è sempre mancato l'acuto, ma quelli erano tempi d'oro. Pronti ad essere rivissuti, almeno in parte, dall'attuale formazione diretta appunto da Stefani, il quale è coadiuvato dall'ex centrocampista Sandro Reclari (il primo da sinistra nella foto di Mattia Allevi). Non viaggiava a velocità supersoniche, è vero, ma vi ricordate il sinistro del Recla? Educatissimo, come si usa dire oggi. Dai trascorsi sul campo con Chiasso e Mendrisio alla panchina: il passo è breve.
Allora Recla, è la tua prima esperienza in uno staff tecnico.
"Esatto, l'anno scorso giocavo ancora: militavo infatti nelle fila del Novazzano, sempre in Seconda Elite. Una volta appese le scarpette al chiodo eccomi qui, in questa veste diversa".
La nuova carriera è iniziata col botto: col vostro Mendrisio avete fatto letteralmente il vuoto, più di mezza promozione è già in tasca.
"Calma, andiamoci cauti. Nove punti di vantaggio sulla seconda in classifica sono tanti e le cose ci vanno bene, ma il campionato è ancora lungo. Finché non raggiungeremo l'obbiettivo prefissato, ovvero la promozione, non molleremo: statene certi".
Qual è l'ingrediente segreto, perché ce n'è sempre uno, della vostra ricetta?
"Tanto lavoro. Ci sono un gruppo e uno staff rinnovati. Nella nostra squadra, che vuole raggiungere risultati importanti, regna una grande armonia. Stiamo bene insieme".
Un grande gruppo insomma.
"È proprio così, il nostro compito in qualità di staff è di far coesistere i singoli e farli diventare una squadra. Anche negli anni precedenti c'erano i nomi, ma la sensazione è che mancasse il collettivo. Una sensazione, questa, che trova conferme nelle parole di chi era già qui nel recente passato. Per cercare di ovviare a questa mancanza abbiamo puntato molto sul dialogo, al fine di centrare un obbiettivo che a Mendrisio manca ormai da troppo tempo".
Nel gruppo spicca però qualche individualità di peso.
"In effetti a livello di esperienza ci sono elementi di altra categoria. Penso ad Andrea Cataldo, Tito Tarchini, Antoine Rey e Alessandro Martinelli, ex Brescia, Palermo e Sampdoria. Eppoi contiamo su un tridente davvero prolifico, formato da Gibellini, Bini e Mascazzini. Disponiamo sia del miglior attacco che della difesa meno battuta. Dai, non possiamo proprio lamentarci. È difficile trovare dei difetti e non fare i complimenti a questi ragazzi".
Quale avversario vi ha messo maggiormente in difficoltà?
"Lo Zugo 94, sia all'andata che al ritorno. La prima volta abbiamo anche perso, mentre la seconda è arrivato un successo, ma solo al termine di una gara tirata. Non a caso anche gli zughesi dispongono di elementi di categoria superiore. A mio modo di vedere entrambi siamo fuori contesto in Seconda Elite. Tornando agli avversari ostici, è stata particolarmente  contro Collina d'Oro e Gambarogno/Contone".
La maglia e il blasone del Mendrisio pesano?
"Io preferisco utilizzare un altro verbo: stimolano. Indossiamo una casacca che ha una storia importante, storia che noi portiamo in campo ogni volta che giochiamo. Dobbiamo esserne consci. Anche per rispetto nei confronti del nostro numeroso pubblico, affezionato ai nostri colori". 
Entriamo nella sfera personale: due telegrammi su Chiasso e Bellinzona?
"In rossoblù ho fatto l'esordio nel calcio dei grandi nell'ormai lontano 1999. Accadde proprio contro il Mendrisio, gli scherzi del destino. Poi ricordo con piacere anche la promozione in Challenge League con Mister Raimondo Ponte. Provo dispiacere per quello che è successo (leggasi fallimento ndr). Il Bellinzona mi ha dato la possibilità di debuttare nella cadetteria: per il sottoscritto quelle granata sono state due stagioni importanti, specialmente per la crescita personale. Ero appena un ventenne all'epoca... Spiace vedere il club della Capitale in difficoltà. A mio parere ha una rosa importante, dall'esterno pare però che manchi la stabilità. In ogni caso le basi mi sembrano buone". 
Dal campo di calcio al campo lavorativo.
"Sono assicuratore da ormai 12 anni, ho cominciato quando giocavo ancora nel Chiasso. Lavoro per la Mobiliare. Mi piace il contatto con le persone, questa è inoltre una professione che ti permette di gestire il tuo tempo. In questo settore è tutto molto stimolante. Ogni giorno è una sfida, come nel mondo del pallone: ci sono molte affinità tra le due attività".
Chiusura sul campo della vita.
"Sono sposato, ho due figli e un cane. Insomma, non ci facciamo mancare nulla (ride). Seriamente, non posso che essere contento in ogni ambito".