Tadej
Pogacar sta ribaltando il ciclismo. Per anni la tipologia dei
corridori è stata ben definita: specialisti delle corse tappe;
specialisti delle corse di un giorno. Ma all'improvviso si è
appalesato un fenomeno e ha deciso che si può trionfare nei grandi
giri ma anche nelle classiche monumento. È giovanissimo ma corre
come un veterano, ha una classe immensa e mostra coraggio, non ha
paura: scatta, quando vuole. È paragonato al più grande “cannibale” di tutti
i tempi: Eddy Merckx. Il belga, dopo la vittoria dello sloveno nelle
Fiandre, si è espresso con parole icastiche: “È già più di un
campione. Non solo vince, ha stile e forza, compie delle imprese”.
Pogacar si muove in totale libertà, non è eterodiretto da un
computer, si gestisce in base alle sue sensazioni, non è prigioniero
di tattiche.
Dopo
aver domato i Muri del pavé del Giro delle Fiandre, è arrivato il
trionfo anche nella classica olandese della birra: l'Amstel Gold Race. Mancavano circa 28
km al traguardo e via con uno scatto imperioso. L'idea dove provare
l'attacco gliel'ha suggerita un amico-rivale: Van der Poel. Ha
rivelato che circa tre giorni fa, ha ricevuto un messaggio: “Con
Van der Poel abbiamo gran rapporto. Mi ha consigliato di attaccare
sul Keutenberg, il Muro più duro”. Lo sloveno lo ha preso in
parola e sul pendio lungo 1200 metri, con una pendenza del 14%, ha
preso il volo. Nulla hanno potuto i suoi avversari.
Stupisce
per l'età, in genere i corridori maturano tardi, per essere
competitivi servono: resistenza e grande capacità di recupero, doti
che si affinano con il tempo. Stupisce la sua freddezza, nervi saldi,
sempre glaciale in volto, lettura di gara impeccabile e tutto questo
nonostante la gioventù. Verrebbe da affermare che si tratta di un
predestinato, come da tempo non si vedeva. Il
ciclismo è sport popolare, fatto per il popolo e il popolo lo
esalta. Il campione è necessario: per alimentare il mito. Pogacar
corre sulla strada della storia, per adesso il suo incedere è
spedito. Fa fatica come tutti gli altri e lo nasconde abilmente. Ma
gli invincibili non esistono: specie nello sport delle due ruote e
l'ultimo Tour lo ha dimostrato. E questo lo rende umano.
Scrive
Arthur Bloch: “Dovunque tu vada sarai sempre in salita e
controvento”.