Quando
Il Piccolo Principe, il protagonista del libro di Antoine de
Saint-Exupéry, arriva sulla Terra, è colto da un'imprevista
sorpresa: non vede nessuno. Incontra un serpente che sbuca dalla
sabbia, l'animale gli spiega che il pianeta è grande, non c'è
nessuno: “Perché qui è il deserto”. È in pieno deserto tra
sabbia e infinite pietraie che si corre la “Marathon des Sables”.
Si è tenuta la 37esima edizione, un percorso lungo 250 chilometri da
fare in sette giorni e in cinque tappe: in autosufficienza
alimentare. Il tracciato cambia ogni anno e viene svelato solo poco
prima del via. Si gareggia nel Sahara marocchino. A disposizione
degli atleti c'è uno staff medico composto da 52 operatori, che
devono curare vesciche, piaghe e abrasioni. I podisti indossano delle
ghette da mettere tra la caviglia e la scarpa per impedire alla
sabbia di penetrare, anche un solo granello può essere letale tra le
dita sudate. Il cibo viene posto nello zaino, si mangia, ci si lava e
si dorme con quello che ci si porta dietro. Una prova che va oltre i
limiti considerati normali e che si possono immaginare. Quest'anno al
via erano in oltre mille, provenienti da tutto il mondo. C'è chi
ritorna perché non ne può fare a meno, c'è chi partecipa per la
prima volta poiché attirato dal fascino della competizione, conscio
di andare in un territorio inesplorato: dove serve il fisico ma
soprattutto l'anima, quella forza, quel soffio che spinge oltre. La
temperatura può raggiungere anche i 40 gradi centigradi, il pericolo
maggiore sono la disidratazione e l'insolazione. Il vento caldo del
Sahara asciuga il sudore e diventa spietato. D'obbligo il cappello e
la bandana che devono coprire anche il collo. Si è soli di giorno e
si crea un clima di solidarietà la notte. Ha vinto il marocchino
Mohamed El Morabity con il tempo di 19 ore 19 minuti e 54 secondi,
subito dietro il connazionale Yachou e terzo il francese Blanchard.
Podismo
La Maratona nel deserto
È una competizione che va oltre i limiti considerati normali