CALCIO: IL GIORNO DOPO LA SCONFITTA DELLA JUVENTUS
Quanto è brutta la Champions
Riflessioni sulla sconfitta della Juve e su una competizione che fa discutere
Pubblicato il 10.03.2021 10:58
di Giorgio Genetelli
La Juve è la seconda squadra eliminata agli ottavi di Champions, ma solo perché ha giocato trenta minuti in più del Siviglia. Un fallimento proprio mentre Agnelli e l’Eca vorrebbero una Champions elitaria e l’Uefa un allargamento a 36 squadre, con ben 225 gare al posto delle 125 attuali. Questo paradosso è simbolico della confusione alimentata dalla sete di denaro dei potenti del calcio europeo. In un momento in cui tutte le poltroncine degli stadi sono vuoti, un gran tempismo, non c’è che dire. E ricordiamo che, proprio a causa della pandemia di coronavirus, in agosto si erano disputati a Lisbona partite secche a partire dai quarti, una decisione opportuna che ha permesso di concludere il torneo ed è stata giudicata attrattiva da tutti quanti. Salvo poi capire che in teoria meno gare uguale meno soldi, soprattutto dalle televisioni, dimenticando che il pozzo non è senza fine, specialmente adesso.
I soldi, già. Quelli che la Juve ha speso per Ronaldo, per vincere finalmente la Champions e che l’ha indebitata per un pugno di mosche. Indebitate lo sono tutte le grandi (vedi Barcellona, oltre il miliardo di rosso). Quindi, avanti con la comunella guidata proprio dal deluso Agnelli, alla caccia di ogni maledetto soldino come fosse un topolino da mettere nel piatto.
Poi c’è la questione tecnica, che incrina lo spettacolo che a noi poveri diavoli tocca vedere da casa: gioco deprimente da parte di quasi tutte le squadre (Juve – Porto, andata e ritorno, è l’esempio di come si possa giocare male a quei livelli). Si sta puntando alla saturazione, senza minimamente tenere in conto la salute degli atleti, costretti a campionati mostruosi e compressi, a impegni anacronistici con le nazionali tipo l’astrusa Nations League, a non allenarsi praticamente più. Infortuni a ripetizione, rose sterminate, costi alle stelle, tamponi e quarantene. E nessun conforto da stadio, popolato al massimo da pietose repliche digitali di tifosi spariti nel nulla.
Mentre il mondo riduce tutte le attività e l’occupazione più grande è rimanere in casa a rimuginarsi l’ombelico, il calcio vuole moltiplicarsi come un organismo neoplastico.
È una pazzia, neanche bella da vedere e men che meno divertente.