È
una delle categorie più indagate dagli studiosi, per cercare di
capire il comportamento dell'umano. La sua definizione precisa
sfugge, è fluida. Un concetto che è di pertinenza specifica, solo
apparentemente, delle scienze sociali, della scienza politica ma
anche della psicologia. È il potere,
quello che: ammalia, concupisce, inebria. È una
straordinaria forza che spinge possente, sprona a salire più in alto
possibile: sopra il proprio simile. E sconfina nella pura dimensione
della discrezionalità individuale, per essere: autoritari,
democratici o permissivi.
Il
primo maggio del 1941 a New York ci fu la prima proiezione di Citizen
Kane, in Europa il film sarebbe
arrivato alla fine della guerra con il titolo Quarto
potere. La pellicola fu scritta,
diretta e interpretata da Orson
Welles.
Si tratta di un autentico capolavoro che non invecchia mai, che si
può rivedere continuamente e che ha un valore antropologico
imperituro. A realizzarlo è un “genio”, non ci sono altri
termini per inquadrare l'americano. Il protagonista di Quarto
potere
è Charles Foster Kane, è la storia di un ricchissimo magnate
dell'editoria. Muore all'inizio e il seguito sono dei flashback che
raccontano la sua vita. Kane è ambiguo, è complicato capirlo, i
suoi pensieri sono astrusi, i suoi ragionamenti contorti. La sua
filosofia di vita è però sciorinata con nettezza: “Io
sono un'autorità su come far pensare la gente”.
Il tema è sicuramente il potere, ma anche l'insondabilità, la
volubilità e la complessità dell'individuo. Welles
ha attraversato il suo tempo come regista, sceneggiatore, drammaturgo
e produttore. Sono quelle persone che sono agganciate alla realtà ma
non ne sono travolte, la smontano, ne capiscono i meccanismi
opprimenti: quelli subdoli e che vessano. E hanno visioni: provocano, sono degli iconoclasti.
L'obiettivo è rappresentare il conformismo e l'ipocrisia. Non hanno
dettami da prescrivere o lezioni da impartire. E si tengono lontani
dal moralismo. Semplicemente: propongono di capovolgere il punto di
osservazione. Memorabile la sua partecipazione al mediometraggio “La
Ricotta”
di Pier Paolo Pasolini. Dove si parla di modernità, consumismo,
memoria. E di un popolo analfabeta e di una borghesia ignorante. La
critica non è al progresso, ma allo sviluppo e all'uomo medio.
Nacque
il 6 maggio 1915 e morì il 10 ottobre del 1985.