Essere
speciali significa distinguersi, avere la volontà di mostrare
la propria “potenza”, non avere paura di osare. E procedere. Si
crede al destino e si tenta di domarlo, il fato non
suscita apprensione e non blocca.
Mourinho
è rientrato in Italia il 4 maggio del 2021. Su di lui c'erano dubbi.
Era quello dell'era interista? Oppure quello smunto dell'ultimo
periodo inglese? Dubbi speciosi: il portoghese in Italia si
sente a casa. Riesce a dare il meglio di sé, trova il suo pubblico e
lo conosce, sa esaltare chi gli è amico e attaccare chi gli è
nemico. E nel Belpaese non c'è spazio per la discussione, ma tutto è polemica: il terreno ideale del portoghese. Per distacco,
attualmente, è ancora l'emblema del mister. Il campionato è
asfittico di personaggi. Tutti dentro la prassi. Lui si ribella
all'estensione del dominio della normalità. E impone la sua visione.
È stato chiamato a Roma per ristabilire l'ordine. L'ambiente
calcistico capitolino è caotico. Pulsa di istinti e freme. Umorale
sino all'inverosimile. Serviva una figura autorevole ma non
autoritaria, un accentratore, coraggioso e senza timori, che ora
esalta, che ora calma. E la capitale all'improvviso ha avuto il suo
condottiero, il suo capopopolo. Lo aspettava, lo anelava e lo ha
accettato. Finalmente società, calciatori e tifosi hanno un capitano
di ventura: carismatico, colto, poliglotta. Gli allenatori italiani
difficilmente esprimono opinioni forti o fanno dichiarazioni
roboanti, manifestano solo nervosismo quando la loro panchina
traballa. Mou crea scompiglio, cerca lo scontro, lo provoca e
lo cavalca. E l'ambiente giallorosso lo segue con convinzione,
si è consegnato a lui. Lo riconosce come il difensore di un'identità
che sfida tutto e tutti. Mou
non è un fine tattico, probabilmente a Roma deve calibrare le sue ambizioni,
ma è colto, intercetta, nonostante l'età, i tempi e gli umori della gente. È un abile e consumato manipolatore. La sua versione è riconosciuta, è legittimato. E questo gli potrebbe bastare.
La Serie A, specie la Roma, ha bisogno di uno come lui
e non viceversa. E Roma-Inter è finita così: il tecnico in testa,
la squadra dietro di lui e via sotto la curva.
Parafrasando
Humphrey Bogart: “È il calcio bellezza! E tu non puoi farci
niente! Niente!”, il film era “L'ultima minaccia”
del 1952.