LIBRI
"Lugano è un gioiellino"
Nella sua autobiografia, attualmente in libreria, l'ex bianconero Zdenek Zeman spiega che...
Pubblicato il 09.05.2023 13:07
di Carlo Scolozzi
Sugli scaffali delle librerie spicca l'autobiografia di Zdenek Zeman, che si è raccontato ad Andrea Di Caro.
Del primo sappiamo quasi tutto. È nato a Praga nel 1947. In Italia dal 1968, ha iniziato la carriera di allenatore nel settore giovanile del Palermo guidando poi Licata, Parma, Messina, Foggia, Lazio, Roma, Fenerbahce, Napoli, Salernitana, Avellino, Lecce, Stella Rossa, Brescia, Pescara, Cagliari e naturalmente Lugano. La sua esperienza sulla panchina della squadra bianconera nella stagione 2015-2016 ha partorito una salvezza in Super League, ottenuta in qualità di neopromossa, e una finale di Coppa Svizzera persa con uno Zurigo appena retrocesso in Challenge League.
Del secondo conosciamo un po' di meno. Nato a Roma nel 1972, è vicedirettore della "Gazzetta dello Sport". Autore e conduttore di trasmissioni radiofoniche e televisive, ha scritto con Oliviero Beha i libri-inchiesta Indagine sul calcio e Il calcio alla sbarra e, con Sinisa Mihajlovic, La partita della vita
Di sé, il boemo dice: "Non sono mai esploso di gioia, ma ho visto i miei tifosi pazzi di felicità. Non sono mai rimasto a bocca aperta, ma li ho visti emozionarsi. Non mi sono mai messo le mani nei capelli, ma li ho visti disperarsi. Non ho mai avuto un sorriso stampato sul volto, ma li ho visti divertirsi tanto. Eppure dentro, in silenzio, a modo mio, quello che hanno vissuto apertamente loro l'ho vissuto anch'io".
Autentico filosofo del calcio, uomo di Sport senza compromessi e senza mezze misure, allenatore amato ovunque abbia portato le sue idee, fondatore di Zemanlandia, la terra promessa del gol, Zdenek Zeman è un'autentica figura di culto, capace anche di alcune memorabili frecciatine, come quando a Lugano criticò pubblicamente i suoi giocatori: "Non posso far fare chicchiricchì ai cavalli". In cinquant'anni di carriera ha diviso ma soprattutto unito, fatto discutere tifosi e addetti ai lavori, versare i proverbiali fiumi d'inchiostro, però mai, prima d'oggi, si era raccontato con la sua voce. Mai aveva spiegato il suo calcio e illustrato i suoi metodi di allenamento così in dettaglio, mai aveva parlato in modo così intimo della sua vita fuori dal campo. Lo fa in queste pagine che sono esattamente come lui: profonde, piene di intuizioni folgoranti, divertenti e sincere nel raccontare se stesso e tutto ciò che ha visto e costruito nel mondo del pallone. Dai primi gradoni nel Foggia dei miracoli alla Lazio di Signori, Nesta e di un Nedved scoperto prima di tutti; dalla Roma di un giovanissimo Totti al quale Zeman affida le chiavi della squadra e la fascia di capitano, alle battaglie per un calcio lontano dalle farmacie e dagli uffici finanziari, dal doping reale e amministrativo; dal Pescara dei tre gioielli Immobile, Insigne e Verratti (futuri campioni d'Europa) a oggi. Fra autobiografia e manifesto, La bellezza non ha prezzo regala pagine traboccanti di un amore straordinario per il gioco del calcio e per tutto ciò che di bello può caratterizzarlo: la passione dei tifosi, lo spirito di squadra, la cura dei talenti. È la storia di un uomo - e di un allenatore visionario - che ha sempre anteposto i suoi ideali all'imperativo di vincere.
L'AVVENTURA A CORNAREDO
Nel libro c'è spazio anche per la parentesi bianconera, a proposito della quale Zeman dice: "Per la terza volta in carriera andai all'estero. La stagione in Svizzera, dove molti club erano cresciuti anche a livello europeo, mi parve una buona occasione per riscoprire un calcio più semplice, dove ci fossero però il rispetto dei ruoli, delle regole e una gestione corretta della società. Da noi i club cominciano la stagione e non sanno se finiranno il campionato. Lì se non garantisci prima il pagamento ai dipendenti e un bilancio sano non ti fanno proprio partitre. Qualcuno ironizzò sulla mia presunta pena del contrappasso: Zeman finito nella patria degli uffici finanziari. Ma il problema non sono mai le banche in sé. Lo diventano se gestiscono i club di calcio. Lugano è un gioiellino, mi ci trovai bene, si parlava italiano e i ragazzi si impegnavano, anche se nella Lega svizzera c'era molta differenza tra alcuni club e tutti gli altri a livello di organizzazione e di impianti. Alcuni più "bucolici" sorgono in zone verdi e non è raro incrociare intorno ai campi di allenamento anche le mucche. In certe realtà la partita, a cominciare dai tifosi, viene vissuta come una scampagnata e cinque minuti dopo il fischio finale già non se ne parla più. Sono anni luce lontani dal nostro modo spesso esagerato e isterico di vivere il calcio. Approfittai della stagione per migliorare anche il mio punteggio a golf, praticandolo spesso nel tempo libero".